Il mondo dell’e-commerce potrebbe cambiare aspetto già dai prossimi mesi. Infatti una delle politiche più amate dai compratori, il reso gratuito, è stata messa in discussione e potrebbe presto essere cancellata.
Il reso gratuito è una delle caratteristiche più apprezzate dai consumatori che acquistano online, ma ha anche dei costi e degli impatti negativi. Questo servizio offre la possibilità di restituire i prodotti acquistati senza pagare le spese di spedizione, entro un certo periodo di tempo e con determinate condizioni. Ma come funziona il reso gratuito? Perché alcune aziende stanno eliminando questa opzione? E cosa potrebbe cambiare nel mondo delle vendite online se il reso gratuito fosse totalmente eliminato?
Il reso gratuito è una forma di garanzia che le aziende offrono ai clienti per fidelizzarli e aumentare la loro soddisfazione. Questo servizio permette di ridurre il rischio percepito dal consumatore, che può provare i prodotti a casa sua e decidere se tenerli o restituirli. Il reso gratuito è particolarmente utile per i prodotti che richiedono una prova fisica, come abbigliamento, calzature, accessori, ecc.
Per usufruire del reso gratuito, il cliente deve seguire le istruzioni fornite dall’azienda. Le regole possono variare a seconda del tipo di prodotto, del canale di vendita, del metodo di pagamento e della politica di reso. In genere, il cliente deve imballare il prodotto e spedirlo al mittente, entro un certo termine (di solito 14 o 30 giorni). Il cliente riceve poi il rimborso del prezzo pagato.
Il reso gratuito ha dei costi elevati per le aziende, sia in termini economici che ambientali. Infatti, il reso gratuito comporta delle spese di gestione, di trasporto, di stoccaggio e di smaltimento dei prodotti restituiti, che possono superare il valore del prodotto stesso. Inoltre, il reso gratuito genera delle emissioni di CO2 e dei rifiuti che impattano negativamente sull’ambiente.
Purtroppo, questi costi sono lievitati col fenomeno del passaggio dall’uso all’abuso del reso gratuito. Infatti, sempre più clienti sfruttano questa politica abusando dei vantaggi. C’è chi con questo metodo usa un capo o un accessorio una sola volta e poi lo rimanda indietro. Chi, indeciso, si fa spedire più modelli dello stesso prodotto, di misure e colori diversi, tiene quella preferita e spedisce indietro le altre.
Alcune aziende stanno quindi eliminando o limitando il reso gratuito, per ridurre i costi e la pressione ambientale. Secondo il New York Post, nel Regno Unito adesso l’80% dei rivenditori online ha introdotto una commissione sulla restituzione dei prodotti acquistati. Amazon ha introdotto delle tariffe di reso per alcuni prodotti. Zalando ha modificato le sue condizioni di reso in base al comportamento dei clienti. Asos ha minacciato di bloccare i clienti che abusano del reso gratuito. Zara fa pagare 1,95 sterline per la restituzione di articoli. In USA Macy’s, Abercrombie & Fitch, J. Crew ed H&M hanno imposto costi di restituzione che possono arrivare anche a 7 dollari.
Per ora l’Italia sembra immune dal fenomeno, ma presto potrebbe arrivare anche da noi. Se il reso gratuito fosse totalmente eliminato, il mondo delle vendite online potrebbe cambiare in diversi modi. Da un lato, potrebbe aumentare la soddisfazione dei clienti che acquistano online con maggiore consapevolezza e responsabilità, evitando gli acquisti impulsivi e i resi inutili. Dall’altro lato, potrebbe diminuire la fiducia e la lealtà dei clienti verso le aziende online, che perderebbero un vantaggio competitivo rispetto ai negozi fisici. Però e fuori dubbio che se il reso gratuito fosse totalmente eliminato, potrebbe creare un terremoto nelle vendite online.
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