Se da diversi anni a questa parte la pensione anticipata ha gli stessi requisiti da completare, questa fase di salvaguardia rischia seriamente di finire. Presto non basteranno più 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini o 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.
L’aspettativa di vita tornerà a fare lievitare i contributi previdenziali. E se il crescere della vita media della popolazione è una buona notizia, per chi deve andare in pensione sicuramente lo è di meno. Ecco cosa dovrebbe accadere nel prossimo futuro e come saliranno i requisiti pensionistici.
Recenti statistiche hanno messo in luce il fatto che la vita media della popolazione ha superato il problema del Covid. Quindi la riduzione dell’aspettativa di vita per via dei troppi decessi durante la pandemia è stata riassorbita. Significa che adesso la vita media degli italiani è tornata a crescere e gioco forza presto tornerà a salire anche il requisito contributivo utile all’accesso alle pensioni anticipate ordinarie. Infatti l’ultimo scatto che si ha avuto è stato registrato nel 2019. Da quell’anno a oggi i requisiti di accesso alle pensioni anticipate ordinarie sono rimasti inalterati. Fermi come dicevamo ai 42 anni 10 mesi di contributi per gli uomini è 41 anni e dieci mesi contributi per le donne. Quello scatto di 5 mesi è stato l’ultimo, e tra l’altro sancì anche l’aumento da 66,7 a 67 anni per l’età pensionabile dell’altra misura ordinaria, cioè quella della pensione di vecchiaia.
Probabilmente nel 2025 tutto rimarrà inalterato anche se in questo caso bisogna verificare l’andamento della stima di vita della popolazione. Dal 2026 però tutto potrebbe cambiare anche se ci sono ancora dei dubbi e tante cose da chiarire. Infatti sempre in vista del nuovo scatto relativo all’aspettativa di vita della popolazione, il requisito contributivo utile alla pensione anticipata ordinaria potrebbe salire di due o tre mesi, arrivando quindi a superare la soglia dei 43 anni di contributi versati. E sarebbe una pensione mai vista, fuori dal lavoro con oltre 43 anni di versamenti.
A dire il vero già oggi i lavoratori devono fare i conti con una finestra di 3 mesi per la pensione anticipata ordinaria che di fatto sposta le uscite dal lavoro oltre i 43 anni di contributi. Purtroppo, però anche in funzione del nuovo scatto di due o tre mesi di cui parlavamo prima, questo incremento è da considerare in aggiunta alla già attiva finestra di 3 mesi. Il lavoratore che dovrà andare in pensione con la quiescenza ordinaria nei prossimi anni potrebbe andarci solo dopo 43 anni e 6 mesi di contribuzione. Un vero e proprio salasso se si pensa che i discorsi sulla riforma delle pensioni puntavano l’indice proprio sul fatto che le pensioni in Italia sono troppo lontane nel tempo. E che ci vogliono troppi contributi per andarci con le anticipate ordinarie.
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