Dario Villa è uno dei poeti e traduttori italiani che meritano attenzione, e che probabilmente è stato sottovalutato per quelli che sono i suoi meriti.
In questo articolo andremo a vedere alcune notizie sulla sua vita e sulle sue opere. Vogliamo ridare lustro a un artista italiano, morto nel 1996, e che non deve essere dimenticato.
Per quanto riguarda la vita di Dario Villa non si sa tantissimo, tranne il fatto che è nato il 12 giugno del 1953 a Milano, per morire precisamente il 4 marzo del 1996.
Per quanto riguarda la sua carriera si ricordano con piacere alcuni particolari legati alla sua, forse, opera più celebre cioè Lapsus in Fabula. Si tratta di un’opera significativa che gli consentì di vincere il prestigioso premio Mondello, per l’opera prima nel 1985, e cioè un anno dopo il suo esordio, che avviene nel 1984, quando aveva già 31 anni.
Ma il suo lavoro non si limitò al discorso poetico, visto che fece anche esperienza come traduttore dall’inglese e dal francese, lavorando per prestigiose case editrici quali Guanda e soprattutto Mondadori.
Le ultime fasi della sua vita e della sua carriera sono legate all’anno 1995, quando usci sul mercato la sua ultima raccolta chiamata Abiti Insolubili, che precedette di un anno la sua morte all’ospedale policlinico di Milano, che avvenne dopo una lunga malattia.
Ovviamente tra le sue opere non bisogna citare solo Lapsus in Fabula, perché ce ne sono state altrettanto significative.
Ci riferiamo nello specifico a:
Invece tra le sue traduzioni più conosciute ricordiamo quella legata al libro Un uomo solo di Christopher Isherwood, fatta nel 1981 per la casa editrice Guanda. Due traduzioni invece importanti, portate a termine per la Mondadori, furono Vindication di Frances Sherwood, ma anche l’elefante di Richard Rayner.
Di sicuro quindi Dario Villa, anche se in alcuni casi è stato trascurato dai critici più esperti, è stato definito un genio, nonché un autore sempre ispirato.
Come abbiamo appena detto Dario Villa da alcuni colleghi e critici fu considerato un genio ispirato così come dimostrano le testuali parole di Giovanni Raboni, che nel 2001 firmò l’intro a una raccolta di Dario Villa, chiamata tutte le poesie 1971-1994.
“Credo che pochissimi poeti italiani, negli ultimi decenni del secolo appena trascorso, siano stati così costantemente, oserei dire così insistentemente frequentati dalla grazia come l’autore di questo libro” .
“Ma è come se fosse, la sua poesia, sempre un passo avanti, sempre un po’ altrove, un po’ oltre rispetto a se stessa o, per essere precisi, al sentimento… della propria contemporaneità” .
I critici lo hanno anche considerato in positivo come uno di quei poeti che non amavano la diplomazia di alcuni colleghi perché riteneva che l’arte della poesia non dovrebbe mai avere mezze misure.
Però per fortuna restano ancora molte cose del suo lavoro, che non solo sono legate alle sue poesie, ma anche come dicevamo prima alle sue ottime tradizioni.
Inoltre si impegnò anche in altre traduzioni come per esempio per alcune opere di Basil Ponting, poeta modernista amico di Pound.
Inoltre Dario Villa frequentò personaggi particolari interessanti come Henry Miller e Salvador Dalì.
Però bisogna anche dire che alcuni libri da lui tradotti sono poi finiti nell’oblio. Ma in ogni caso quelli che lo conoscevano affermarono che Dario Villa fu un artista che si occupava dei lavori che faceva, senza però preoccuparsi della comunicazione col pubblico e dei risultati che avrebbe avuto.
C’erano anche altri personaggi come Marco Merlini che lo consideravano uno dei Poeti Nel limbo usando le testuali parole “Villa abita una letteratura di secondo grado, condannata a incistarsi nella contemporaneità come un anacronismo”.
Di sicuro Dario Villa quindi sarà ricordato per i suoi bellissimi versi che hanno affascinato tutte le persone che hanno avuto la fortuna di leggere le sue poesie.
Per concludere questo articolo, e questo omaggio a questo grande poeta, vogliamo condividere alcune delle sue poesie per dare un’idea seppur parziale della sua grande sensibilità poetica e delle sue grandi capacità.
Non ha sapore la morte mi vedi
Mentre mi scappa sotto i piedi un treno e dico
Devo stare più attento depongo
Ricordi nelle apposite cellette
Deposito bagagli buca lettere
Viene il postino e niente mi ghermisce
Scompaiono i binari
I grovigli si sciolgono il vento
Fischia tra l’erba che mi cresce addosso
Scompiglia il buio e non c’è buio
Rompe la luce e non c’è luce niente
Niente mi ghermisce
Qui il dubbio ha eletto stabile dimora
La mancanza di fede vaga in trance
Per lunghe e lente stanze
Lo scetticismo e l’incredulità
Sono ospiti fissi il maggiordomo
Un certo cinismo annuncia
Senza solennità tutti i giorni
L’arrivo della fine
Qui il dubbio ha eletto stabile dimora
La mancanza di fede vaga in trance
Per lunghe e lente stanze
Lo scetticismo e l’incredulità
Sono ospiti fissi il maggiordomo
Un certo cinismo annuncia
Senza solennità tutti i giorni
L’arrivo della fine
(da: Tutte le poesie. 1971-1994, prefazione di Giovanni Roboni, Milano, Seniorservice Books, 2001).
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