Prima di parlare del rapporto tra Longanesi e Montanelli dobbiamo ricordare che il primo è è forse da considerare uno dei giornalisti che ha lasciato un’impronta tra le più importanti che hanno marchiato la storia editoriale del nostro paese. Le sue doti furono talmente tante che farne un elenco è impossibile, anche perché sono tutte caratteristiche che vanno a confluire in un ritratto decisamente eclettico.
Probabilmente la sua cifra principale era data da una commissione di semplicità e sofisticatezza, una sorta di ossimoro vivente dove riuscivo a trovare spazio tutto e il contrario di tutto.
Che è tipico di chi riesce a integrare e inglobare le tante sfaccettature della realtà, caratteristica indispensabile quando si desidera scrivere e soprattutto quando si dimostra di essere, come fu Leo Longanesi, un grande reclutatore di talenti del giornalismo e della scrittura.
Operò in anni molto particolari per la storia d’Italia, quelli del fascismo. Le sue frequentazioni, soprattutto durante il periodo universitario, erano di stampo artistico e letterario.
Nel 1926 decise di abbandonare gli studi universitari per impegnarsi con quella che, fino a quel momento, era stata una delle tante attività che lo appassionava: il giornalismo.
Sicuramente uomo di grande personalità, sembrava svincolarsi in maniera del tutto esilarante anche da un inquadramento fascista o antifascista, nel senso che tutto quello che pubblicava avevano stile tale da non poter dire se fosse una esaltazione del regime oppure una sua dissacrazione.
Aveva un talento che davvero è di pochi ed è bene spendere nella vita quando si ha la fortuna di essere baciati da tale dote. In un’epoca dove lo squadrismo mieteva tantissime vittime, riuscì a lavorare a pieno regime e addirittura a mettersi a capo di importanti pubblicazioni autorizzate dal regime fascista.
Nonostante il suo fine intelletto, di sicuro onesto, continuasse a fare riflessioni azzeccate, spesso lavorò durante il regime per la propaganda di partito. Finita la guerra, divenne un grande contestatore della democrazia che si instaurò in Italia.
Un’Italia che vedeva sempre più annientata da una sorta di finto benessere economico che stava deturpando la vera anima nonché matrice contadina del paese.
Tutto sommato non lo si può considerare un argomento troppo distante da quelli utilizzati anche da Pier Paolo Pasolini in tutte le sue opere letterarie e cinematografiche.
Diciamo che è un inquadramento specifico, sia dal punto di vista politico che dal punto di vista intellettuale non è possibile farlo per quanto riguarda Longanesi perché è come se da un certo punto di vista riuscisse, a qualunque sua uscita, a non essere simpatico a nessuno. Ma anche questo tratto è tipico di chi, unico nel suo genere, riesce a fare delle analisi sottili delle situazioni dove sussistono dinamiche e non vincenti o perdenti.
Il suo mondo è stato fatto soprattutto di rapporti, con grandissime figure che all’epoca erano rilevanti all’interno dei propri ambiti, compreso Mussolini.
Tra i tanti nomi del giornalismo che sono da imputare alla capacità di scovare talenti di Longanesi, il nome più importante è sicuramente quello di Indro Montanelli. Montanelli giungeva direttamente dalla sua esperienza africana, pronto a mettersi al lavoro.
Due personalità molto forti e carismatiche ma con una natura intrinseca decisamente differente. Di certo, non solo Montanelli ammirava Longanesi ma probabilmente, a modo suo, questa ammirazione poteva essere ammantata da timore anche a causa della propria giovane età.
Negli anni successivi, mentre collaborano lavorativamente, Longanesi fu un grandissimo esempio per Montanelli che, si abbevera profusamente della libertà intellettuale del suo maestro di vita.
Fu una sorta di apripista di quella di corrente di pensiero che riesce a mantenere gli artisti liberi di essere se stessi in qualunque contesto, anche un contesto diverso come poteva essere il regime fascista che per tanti altri, forse meno sagaci e meno intelligenti, era una barriera espressiva anziché uno stimolo per trovare modi più intelligenti di esprimere le proprie idee in un codice che solo tra simili è possibile capire.
Da un certo punto di vista, soprattutto rispetto ad altre figure scoperte da Longanesi, quest’ultimo fu un vero e proprio demiurgo, come un carpentiere che riesce a costruire una strada davanti a persone che non sanno nemmeno di dover camminare in una qualche direzione.
E naturalmente la strada più giusta per loro, quella che percorrendo avrebbe consentito di raggiungere, nel tempo più ridotto possibile, la destinazione a cui aveva capito prima di loro fossero diretti.
Montanelli comincio da Omnibus, su cui scrivevano già grandi firme e comincia da apprendista.
Quindi fa esattamente tutto quello che fa un apprendista, respirando però un’atmosfera che non poteva che farlo crescere umanamente che professionalmente ad una rapidità esponenziale.
Era quello che ci voleva per un’indole così ribelle come quella di Indro Montanelli, accentuata anche da una gioventù appassionata. Forse faceva parte di quell’essere positivi e costruttivi tipico della struttura di Longanesi che divenne poi anche la struttura di Montanelli, l’idea di poter sempre fare taglia e cuci, migliorare le cose se solo le cose vengono viste prima da una prospettiva equilibrata e corretta.
Questo vale, ovviamente, anche e soprattutto per il fascismo a cui non erano contrari per partito preso. C’è da dire che le più grandi cose vengono sempre fatte in coppia, se questa coppia è bene assortita.
E probabilmente, la giustezza dell’intreccio può essere apprezzata proprio sulla base dei risultati e della crescita di entrambi i membri dell’accoppiata.
Se è vero che da un punto di vista cronologico, storico, anagrafico, comunque la si voglia vedere, Longanesi fu il maestro e Montanelli fu il suo allievo, è anche vero che da un punto di vista filosofico ormai oggi siamo a conoscenza del fatto che apparentemente l’allievo impara dal maestro ma anche il maestro si perfeziona sempre di più sulla base della reazione e della relazione col suo allievo.
È un rapporto fatto di botta e risposta, di un’energia che si mette a servizio di un intento comune, andando ad alimentare un rapporto che è durato fino alla morte di Leo Longanesi, giunta prematuramente e improvvisamente.
Una morte apparente dato che l’impronta data dal maestro ha sicuramente continuato a operare, nonostante tutto, su Montanelli.
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