Kémi Séba, all’anagrafe Stélio Gilles Robert Capo Chichi, è un attivista politico e oratore franco-beninese. Nato a Strasburgo il 9 dicembre 1981.
Séba è descritto come uno dei maggiori esponenti del razzismo “anti-bianco”, antisemita e rivoluzionario membro delle azioni violente degli anni 2000.
Divenne popolare in Francia con la fondazione della “Tribu Ka”, movimento riservato solo a chi avesse la pelle nera, sciolta per decreto dal governo francese per incitamento all’odio razziale.
Dopo le molteplici critiche Séba decise di trasferirsi nel 2011 in Senegal, nazione ex colonia francese, dove l’impatto della Francia ancora si sente. In africa continua la sua attività politica a distanza contro l’ideologia e l’ingerenza francese nei popoli africani filo francofoni, diventando giornalista televisivo, per una tv privata senegalese.
Parallelamente a tali attività nel 2017 costituisce una ONG Urgences Panafricanistes conduce una nuova battaglia contro il neocolonianismo francese, denunciando il FRANCO CFA e la mancanza di indipendenza monetaria per tutti quei paesi che utilizzano tale moneta, attraverso comizi politici molto concitati in tutta l’Africa francofona.
Pochi mesi dopo Séba abbandona il Senegal causa espulsione e si trasferisce in Benin.
Ha sempre destato perplessità la creazione di tale organizzazione, soprattutto su chi aiutasse economicamente Séba, a sorpresa ad aiutare l’attivista vi erano tanti calciatori, tra i più famosi troviamo l’ex Juventus Nicolas Anelka e l’ex centravanti del Chelsea Demba ba.
Il 2 marzo 2018, Kémi Séba è stato costretto ad abbandonare l’aeroporto internazionale di Conakry, venendo rispedito a Cotonou, quando si era recato in Guinea per tenere una serie di conferenze su questioni di sovranità africana in collaborazione con il movimento “Il popolo non lo vuole più.
Inizia quindi anche a calare il suo appeal all’interno dello stesso continente africano.
Kémi Séba nel marzo 2019, sempre focalizzato nella propria battaglia contro il franco CFA, decide di recarsi in Costa d’Avorio cercando di organizzare una manifestazione. Da lì è stato espulso e costretto al ritorno in Benin a causa dei “potenziali rischi di disordini” legati alla manifestazione .
Una volta rientrato è stato interrogato dalla polizia beninese al suo arrivo a Cotonou. Secondo Kémi Séba le ragioni di tale interrogatorio erano alcune voci che lo vedevano coinvolto su possibili legami con Venezuela e Russia.
Sul finire del 2019 mentre Kémi Séba continuava le sue invettive a distanza contro la Francia, manifesta la propria disponibilità agli eserciti regionali di arruolarsi e combattere i Jihadisti, proponendo anche di creare un gruppo di volontari civili panafricani addestrati dall’esercito per combattere l’insurrezione Jihadista.
Convinto sempre di più a continuare le sue proteste, Kémi Séba viene fermato prima di partite per il Mali per guidare una protesta, al gate per i voli internazionali dell’aeroporto di Cotonou, con le accuse di xenofobia, diffusione di odio.
Tali invettive gli furono mosse dal ” Sortir du Franc FCA”.
Sebbene gli fosse vietato il soggiorno in Costa D’Avorio, Séba riesce a raggiungere il paese come clandestino. Una volta resa nota la propria identità si è opposto alle elezioni, chiedendone il rinvio opponendosi fermamente ad un potenziale terzo mandato di Ouattara.
Sempre al centro di ogni manifestazione, a distanza di un anno, nell’ottobre del 2021, viene arrestato in Burkina Faso. Dove stava andando ad un incontro politico con l’accusa di voler impedire alcune operazioni militari francesi che si stanno svolgendo in Africa, venendo successivamente rispedito in Benin.
L’attivista non ha mai nascosto le proprie simpatie verso la Russia. Séba ha spesso ribadito di stimare Vladimir Putin. Si narra che anche durante l’attuale conflitto con l’Ucraina sia stato ricevuto dai vertici russi per ottimizzare i rapporti del paese sovietico con quelli africani. Ancora oggi, è in costante contatto con Mosca, per promuoverne le attività in Africa.
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