Il continuo aumento dei femminicidi in Italia è una piaga sconcertante. Stando a degli studi statistici fatti dalle maggiori agenzie in materia, una tra le parole più pronunciate negli ultimi 5 anni è femminicidio. Non si hanno ragioni specifiche su tale evento, neanche i più esperti esperti psicologi e criminologi riescono a fornirci delle risposte. Solo nel 2022 le donne uccise in Italia sono state 120.
Sono tantissimi i casi di donne ammazzate dai loro mariti, compagni, amanti, già segnalati mediante denuncia alle forze dell’ordine; siamo sicuri quindi che il sistema di tutela funzioni adeguatamente? Non volendo mancare di rispetto a nessuna delle altre vittime, prendiamo in analisi l’episodio di Alessandra Matteuzzi, 57enne uccisa il 23 agosto scorso a Bologna a colpi di martello dall’ex fidanzato, il 27enne Giovanni Padovano modello e calciatore dilettante, oggi in carcere con l’accusa di omicidio premeditato e aggravato. La donna aveva già denunciato per stalking e molestie il suo ex compagno, reo di aver commesso numerosi atti persecutori, come: staccare la luce dell’appartamento, farsi trovare sotto casa e danneggiare l’automobile.
E’ necessario arrivare alla tragedia per fermare l’ira e la rabbia di chi non accetta la fine di una relazione? L’inasprimento delle pene certamente potrebbe essere un viatico importante, ma come si suol dire, prevenire è meglio che curare. Tanti sono gli episodi, come quello che vede coinvolta Alessandra, dove le autorità sono già a conoscenza delle molestie subite, perché non intervenire subito? o magari attivare un servizio di sorveglianza per chi denuncia? Ad oggi sono e resteranno degli interrogativi, ma sicuramente dei correttivi andranno presi.
Il neologismo femminicidio, termine che indica appunto l’uccisione di una donna da parte di un uomo, per l’ordinamento penale italiano non è previsto né come fattispecie di reato né come aggravante. Nel 2013, con l’introduzione di norme contro la violenza di genere, per la prima volta tale parola ha fatto la sua comparsa in un disegno di legge. Il fatto che tale disegno legislativo si estenda a fattispecie e casistiche penali tra loro molto diverse ha dato vita a numerose critiche sul concetto di femminicidio e sulla sua applicazione.
Le statistiche ci dicono che gli uomini sono generalmente uccisi da uno sconosciuto, con una percentuale al di sopra del 90% del suo stesso sesso, con percentuali che oscillano dall’84,8% del 2005 fino al 60,6% dato relativo al 2020. Rarissimamente invece da parte di un parente o conoscente, dove il dato scende notevolmente. Per le donne invece è il contrario: la maggior parte di loro viene uccisa dal partner o dall’ex compagno, con percentuali che vanno dal 41% (2005) al 57,8% (2020), più raramente da un altro parente, mentre gli omicidi commessi per mano di una persona sconosciuta sono scesi notevolmente dal 34% (2005) al 6% (2020).
Altri dati statistici ci dicono invece che la pandemia di covid-19 e la “reclusione forzata” causa lockdown, ha visto diminuire gli omicidi generici ed aumentare esponenzialmente i femminicidi. Il Primo Presidente della corte di Cassazione, il Dott. Piero Curzio ha fatto notare che nel 2021 ci sono stati 295 omicidi, di cui 102 donne rimaste uccise in ambito affettivo/familiare. In particolare ben 70 ammazzate del compagno o ex partner. Dati sconcertanti che ancora di più gridano giustizia e pene severe per le vittime innocenti di tanta violenza e ferocia.
Da una ricerca invece svolta nel 2022 è emerso che la settimana successiva ad uno o più femminicidi le donne sono più decise e determinate nel chiedere aiuto al 1522. Questi dati mostrano chiaramente che il grande impatto mediatico su tale increscioso fenomeno aumenta la disponibilità delle donne vittime di violenza a chiedere aiuto. Con l’auspicio che tale aiuto degli organi preposti arrivi in tempo, senza vederci costretti a scrivere dell’ennesima vittima, rendendo anche giustizia ed onore a chi tale aiuto, pur manifestando il bisogno denunciando chi rendeva invivibile la loro vita, non l’ha avuto.
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