Daniel Cohn Bendit ha suscitato molto scalpore con alcune sue affermazioni, proprio in virtù del fatto di essere non solo uno scrittore e giornalista francese, ma anche un politico.
Cosa ha dichiarato nello specifico Daniel Cohn?
Perché hanno suscitato scalpore le sue parole?
Tra i maggiori protagonisti della rivolta che si verificò in Francia tra il maggio e giugno del 1968, il cui famoso slogan era “vietato vietare”, ha ricoperto anche la carica, per 10 anni, di membro del Parlamento europeo.
Uno dei suoi libri, particolarmente discussi, si intitola Le Grand Bazar e venne pubblicato nel 1975, nonostante si cominciò a discutere dei suoi contenuti solamente a partire dal 2001.
Furono due giornaliste a pubblicare e a contestare alcuni brani: Bettina Rohl per l’Express e Kate Connolly per The Observer. Quali sono i contenuti che, effettivamente, hanno suscitato scalpore?
Prima di tutto va detto che il testo fu tradotto anche in inglese con il titolo di The Great Madness.
Al suo interno vi è narrata l’esperienza che Daniel Cohn Bendit ha vissuto in qualità di aiuto educatore all’interno di un centro diurno per bambini autogestito di Francoforte. Quindi ci si riferisce a quando si trovò in contatto costante con bambini compresi in una fascia di età che va dai due ai cinque anni.
L’autore racconta che in diversi momenti, alcuni di questi bambini aprissero, di propria iniziativa, i suoi pantaloni per toccarlo. Sostanzialmente quello che asserisce è che, da un certo punto di vista, cercava di essere passivo ma, cedendo alla loro esistenza, partecipava a questi momenti.
Una cosa importante da sottolineare, era che l’autore in quel momento si trovava in Germania, proprio all’inizio degli anni 70, perché la Francia lo aveva espulso e lo aveva rimandato in patria, non ritenendolo una persona gradita a causa di alcuni atti di teppismo e per il disordine che causava.
Come furono accolte in Italia le dichiarazioni di Daniel Cohn Bendit
Anche Repubblica, in Italia, 26 anni dopo affronta il tema e pone delle domande all’autore il quale, in parte, rettifico quanto scritto defilandosi dalle sue stesse affermazioni e sostenendo che in realtà il suo libro mirava ad essere una provocazione. Avallando questo pentimento con il suo desiderio di ispirarsi allo stile di Charles Bukowski.
Dunque, negando la verità e la realtà di quelle affermazioni, ma legandole ad un suo desiderio di sconvolgere la borghesia puritana.
Lo stesso autore, però, non si era limitato a queste esternazioni solo per iscritto perché, durante una sua partecipazione televisiva risalente al 23 Aprile 1982, sostenne che è “eccitante farsi spogliare da un bambino di cinque anni”.
Si parla di una trasmissione condotta da Bernard Pivot: Apostrophe, dove Daniel Cohn Bendit venne intervistato dal giornalista Paul Guth. Le immagini sono rimaste in repertorio e mostrano un uomo, con un fazzoletto al collo, una giacca di pelle aperta su una T-shirt bianca, capelli lunghi, folti e spettinati, molto gesticolante e chiaramente provocatorio.
Alla sua affermazione, i presenti ridono probabilmente convinti che si tratti di uno scherzo.
Non è facile riconoscere in quest’uomo, il politico che successivamente, capelli ben tagliati, vestito di tutto punto e occhiale da intellettuale, smentisce le sue stesse teorie.
Daniel Cohn Bendit concede un’intervista anche a Liberation, sempre nel 2001, carico di indignazione per le accuse di pedofilia che in tanti hanno cominciato a muovergli quando le sue vecchie dichiarazioni sono tornate alla luce.
A difenderlo, a sorpresa, anche i genitori dei bambini che hanno frequentato il centro dove ha lavorato come educatore, che smentirono categoricamente il fatto che lui abbia molestato i loro figli.
O almeno così pareva, data una lettera scritta da Thea Vogel che però, in seguito, dichiarò ai giornali tedeschi, che in realtà non venne mai realmente informata rispetto al contenuto del libro ma che l’aveva difeso per scopi prettamente politici.
Gli effetti delle parole di Daniel Cohn Bendit
La reazione della politica
Naturalmente le affermazioni di Daniel Cohn Bendit sono state strumentalizzate soprattutto sulla base della sua linea politica. All’epoca della sua partecipazione come leader dei verdi europei, tanti schieramenti e tanti simpatizzanti di file politiche contrapposte alla sua hanno associato questo pensiero al desiderio del partito di far approvare le unioni matrimoniali omosessuali.
Troppo spesso, purtroppo, vengono associate pedofilia e omosessualità ma questo è chiaramente ben peggio di una provocazione, è un utilizzo e un’associazione impropria di concetti che viene gestita in maniera opportunista per spaventare le persone, in un’epoca ben diversa da quella del ’68.
Difatti questi due concetti vengono messi in un’unica scatola, appiccicando loro sopra la medesima etichetta, quella di tabù sessuale borghese.
Oggi, vivendo nell’era del politically correct, ed avendo imparato a gestire un determinato gioco di equilibri, di comunicazione e di potere, le provocazioni di quegli anni trovano meno spazio nei dibattiti TV.
I politici e i giornalisti, si potrebbe dire, non discutono in maniera creativa sugli argomenti scottanti, non provocano più, eventualmente lanciano accuse. Oggi la comunicazione e i media vengono utilizzati in maniera decisamente diversa.
Sono passati cinquant’anni e gli strumenti come i giornali e la televisione vengono utilizzati con decisamente più consapevolezza da parte di chi vuole trarne un vantaggio personale.
Conclusioni
L’intento culturale di Daniel Cohn Bendit, all’epoca, era quello di aprire la strada ad un tipo di cultura antiautoritario.
Durante il suo mandato europeo si contrappose al presidente ceco Vaclav Klaus e al Primo Ministro ungherese Viktor Orban per le loro politiche sulla famiglia e per la loro politica estera.
In questo mantiene, pressapoco, la linea cominciata con la rivoluzione del ‘68, il cui scopo era andare a rovesciare alcune istituzioni repressive e coercitive dell’individuo: la famiglia e il matrimonio.
Rispolverare periodicamente questi contenuti, senza dare loro il giusto ordine narrativo, consente a chi accusa Daniel Cohn Bendit di usare lo spauracchio della pedofilia per mettere un freno importante a alcuni tipi di riforme sociali.
Prima tra tutte, la concessione del diritto di adozione alle coppie omosessuali.
Altri contesti e altri personaggi vengono additati più o meno per le stesse ragioni e nell’ambito dello stesso contesto.
Parliamo di Aldo Busi, Mario Mieli e Richard Dawkins. Quest’ultimo in particolare è l’unico dei quattro ad essere un divulgatore scientifico e ad aver affrontato il tema dalla parte di chi, nel concreto, ha ricevuto delle attenzioni sessuali da minorenne.