Le persone più intelligenti hanno pochi amici foto: Ansa - (lintellettualedissidente.it)
Due ricercatori hanno scoperto che avere la capacità di star bene da soli sia un sintomo di un quoziente intellettivo molto alto
“Piacere a tanta gente è una gabbia seducente” cantavano, ormai molti anni fa, i Litfiba. Ed è proprio così, non si può piacere a tutti. Anzi, molti non vogliono affatto piacere a tutti. Uno studio psicologico, infatti, ci svela che le persone molto intelligenti hanno pochi amici. Sarà davvero così?
Ci sono persone che sono solitarie di natura. Spesso questa caratteristica è associata a un tratto caratteriale, magari ereditario, che porta a essere ombrosi, chiusi emotivamente, timidi. A volte, addirittura, si riconduce tutto ciò al segno zodiacale sotto cui si è nati. Invece, oggi, la scienza ci dice qualcosa di molto diverso e cioè che le persone più solitarie sono tendenzialmente più intelligenti.
Due psicologi evoluzionisti della London School of Economics e Norman Lee dell’Università di Singapore hanno condotto un esperimento per indagare la vita relazionale di un campione di persone tra i 18 e i 29 anni. Si chiamano Satoshi Kanazawa e Norman Li ed ecco cosa hanno scoperto.
I due, come detto, hanno esaminato la vita relazionale di un campione piuttosto ampio: 15mila persone tra i 18 e i 29 anni. In questa fascia d’età il bisogno di interagire con l’altro è molto più elevato che negli anni a seguire. Ma la vera sorpresa dello studio targato Kanazawa e Li, è che ci sono altri due fattori che hanno un’importante influenza sulla socialità e sul benessere: la densità abitativa e l’intelligenza.
Partiamo dal primo. Se si vive in luoghi densamente popolati si è meno felici: per le persone più intelligenti, il caos, la confusione, il traffico, i rumori e lo smog sono delle condizioni al massimo fastidiose, ma che non impattano drammaticamente sulla propria vita. Le persone con un quoziente intellettivo più alto, infatti, secondo lo studio di Kanazawa e Li, hanno una indipendenza e una autonomia che non li rende asociali. Sono infatti perfettamente in grado di interagire proficuamente con il prossimo, ma non hanno bisogno di farlo a prescindere e comunque, perché provano piacere e appagamento anche nella solitudine.
Dunque, non si tratta di snobismo, come a volte si vuole tacciare alcune persone. Ma di “semplice” intelligenza. Lo studio di Kanazawa e Li, infatti, conclude sostenendo che il cervello dell’essere umano moderno continuerebbe a funzionare meglio negli stessi contesti in cui vivevano anche i nostri antenati.
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