Contro le incertezze del futuro sono tante le forme di tutela e precauzioni che in genere l’essere umano tende ad adottare. Ad esempio, si stipulano polizze vita, oppure contro gli infortuni e/o le malattie o contro eventi avversi che potrebbero colpire beni mobili e immobili, e così via.
Tuttavia, la principale forma di tutela contro gli imprevisti resta indubbiamente il risparmio. In altri termini, si decide di non spendere un intero guadagno tutto in consumo odierno, ma di rimandarne una parte al futuro. Laddove le esigenze della vita dovessero richiederlo, si hanno a disposizione le provviste necessarie (almeno si spera!) per affrontare un dato problema. Premesso ciò, ma perché risparmiano gli italiani che lo fanno e cosa provano pensando al proprio risparmio?
Per rispondere al quesito ci avvaliamo dei dati appena publicati (il 9 aprile, a Milano) dal Censis in occasione del V Rapporto Assogestioni-Censis. Il lavoro porta il titolo “Perché gli itaiani investono come investono” ed è ricco di dati, tabelle, spunti e riflessioni vari in tema di risparmi degli italiani.
Partiamo dalla propensione media al risparmio dei connazionali: quant’è quella odierna? Dopo il picco quasi inevitabile del biennio Covid (il 15,6% nel 2020 e il 13,8% nel 2021), essa si è attestata all’8% l’anno scorso. Si tratta di un dato in linea con i valori fatti segnare dal parametro negli anni pre-Covid. Ma perché risparmiano gli italiani che lo fanno? Il 50,1% dei connazionali afferma di farlo per ragioni di sicurezza, appunto, al fine di essere in grado di affrontare eventuali eventi avversi futuri.
A seguire, il 36,8% sostiene di farlo per garantirsi una serena vecchiaia, mentre il 28% per garantire risorse future per gli eredi, cioè figli o nipoti. Il 22,6% degli intervistati, infine, sostiene di farlo per potersi togliere qualche sfizio nel corso del tempo, come viaggi, spese importanti, etc.
Dunque, l’esigenza e la ricerca di tutela contro l’ignoto del futuro dominano le ragioni alla base del risparmio, a prescindere dal reddito, l’età, gli studi, la residenza, etc. Infatti, alla domanda sul cosa si prova pensando a soldi messi da parte (per reddito), la 1° risposta è stata “cautela” (il 38%) e la 3° “senso di sicurezza” (il 22,8%).
La 2°, la 4° e 6° risposta, invece, sono state nell’ordine “preoccupazione”, “ansia” e “paura”. La 5°, invece, è stata “voglia di farli rendere, guadagnare”, così come avviene quando si decide di investire sul reddito fisso o capitale di rischio. In generale, i percettori di bassi redditi indicano in quote più consistenti degli stati d’animo più improntati alla preoccupazione, elemento che invece scema all’aumentare del reddito disponibile.
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