Cosa accade al compimento dei 67 anni se una persona ha sfruttato una qualche misura di pensione anticipata? Vediamolo insieme.
Sono tanti gli italiani che stanno cercando di uscire un po’ prima dal lavoro sfruttando qualche misura di prepensionamento. Ma cosa accade agli assegni previdenziali una volta giunti a 67 anni, cioè l’età per avere la pensione di vecchiaia? In questo articolo vi spieghiamo tutto nei dettagli.
Le misure di pensione anticipata in Italia di certo non mancano. Tra le più utilizzate, negli ultimi 5 anni, le pensioni cosiddette “a quote”: Quota 100, Quota 102 e ora Quota 103. Quota 100 fu introdotta nel 2018 e fu abolita nel 2021: permetteva di andare in pensione a 62 anni con 38 di contributi. Quota 102 – durata solo per il 2022- prevedeva il pensionamento a 64 anni sempre con 38 di contributi. Infine Quota 103, attualmente in vigore, consente di andare in pensione a 62 anni con 41 di contributi.
Chi, invece, rientra in categorie particolari come i caregiver, i disoccupati, gli invalidi almeno al 74% e gli addetti a lavori usuranti possono accedere alla pensione con Ape sociale. Questa opzione è nata nel 2017 e, da allora, è stata sempre rinnovata senza mai diventare strutturale. Con ape sociale è possibile andare in pensione a 63 anni con solo 30 di contributi o 36 nel caso degli addetti a mansioni usuranti.
In tanti temono di perdere benefici una volta arrivati a 67 anni dopo essere andati in pensione con qualche anno di anticipo. Temono di ricevere un assegno più basso. Vediamo come stanno le cose.
Chi è andato in pensione con Quota 100, Quota 102 oppure con Quota 103, non avrà alcuna ripercussione negativa sull’assegno previdenziale che resterà immutato. Anzi: verranno eliminati dei vincoli. Infatti chi va in pensione con una delle sopracitate misure non può accumulare reddito da pensione con reddito da lavoro fino a 67 anni: in pratica non può lavorare. Eccezione fatta per lavori autonomi occasionali fino a 5000 euro l’anno. Una volta arrivati a 67 anni questa limitazione cade e il pensionato, se vuole, può tornare a lavorare.
Addirittura chi è andato in pensione con Quota 103 ha un altro grosso limite: l’importo dell’assegno non può mai superare il quintuplo dell’importo della pensione minima. A 67 anni anche questo divieto viene meno. Per quanto riguarda Ape sociale le cose stanno così: questa prestazione non solo impone il vincolo di non lavorare ma ha anche tanti svantaggi.
Ape sociale non è soggetta a rivalutazione, non prevede tredicesima né quattordicesima e l’importo dell’assegno non può mai superare 1500 euro al mese. Una volta arrivati a 67 anni tutti questi limiti scompaiono e una persona potrebbe, quindi, trovarsi con un assegno più alto e con tanto di tredicesima e quattordicesima. Pertanto il passaggio da queste forme di prepensionamento alla pensione di vecchiaia vera e propria, apporta solo dei vantaggi economici.
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