Molti dei bonus attualmente a disposizione dei contribuenti italiani prevedono requisiti di Isee. Ma un solo numero sbagliato può costare caro.
Chi dice bonus, contributi, agevolazioni o esenzioni, dice (quasi sempre) anche Isee. L’accesso alle misure messe in campo dal governo per aiutare i cittadini in condizioni più svantaggiate, infatti, è spesso condizionato a requisiti di reddito più o meno stringenti. E i calcoli numerici, si sa, sono sempre soggetti al rischio di errori e/o omissioni (talvolta, nel caso dei soliti “furbetti”, anche volutamente). Ma le conseguenze, in caso di controlli e accertamenti, sono assai gravi e spiacevoli.
Un Isee sbagliato comporta il rischio di sanzioni salatissime, il cui importo spesso supera di gran lunga quello dell’agevolazione ottenuta o ottenibile proprio grazie alla certificazione. Il Fisco, si sa, non perdona, e l’Agenzia delle Entrate oggi ha a disposizione strumenti in grado di effettuare controlli incrociati su un’immensa quantità di dati nel giro di pochi secondi. La buona notizia è che si può rimediare a molti degli errori incriminati, se ci si accorge per tempo di averli commessi. Ecco come.
L’Isee sbagliato: cause e (spiacevoli) conseguenze
Ricordiamo innanzi tutto che il calcolo dell’Isee si basa sui dati contenuti nella Dsu (Dichiarazione Sostitutiva Unica): di conseguenza, se quest’ultima contiene errori, o informazioni incomplete o false, anche l’Isee risulterà errato. In tali circostanze l’Inps invia una comunicazione per chiedere al contribuente di rettificare la propria situazione, ma se l’interessato non interviene scattano le sanzioni (amministrative o penali).
Come accennato, quelle amministrative sono molto pesanti: vanno da un minimo di 5.164 euro a un massimo di 25.822 euro (ma la sanzione erogata non può superare il triplo del beneficio conseguito o conseguibile con l’Isee incriminato). Inoltre, se l’ammontare del bonus percepito dallo Stato o da altri enti pubblici supera i 3.999,96 euro, le sanzioni diventano penali e c’è il rischio di reclusione da sei mesi a tre anni.
A tutto ciò va aggiunta, come conseguenza indiretta, la perdita dei bonus e dei benefici già indebitamente erogati (sarà l’Agenzia delle Entrate ad attivarsi per recuperare quanto dovuto). Poiché però il pericolo di incorrere in errori involontari nell’Isee è molto elevato, il contribuente in buona fede ha la possibilità di correggere quanto dichiarato e limitare il danno. Come? Con un modello integrativo FC3, aggiungendo i dati mancanti. E se lo sbaglio è imputabile al Caf, il cittadino danneggiato può anche chiedere e ottenere un risarcimento danni.