Sul mercato obbligazionario i rendimenti seguono le dinamiche di più macro-variabili economiche messe assieme. Le principali sono le politiche monetarie attuate dalla Banca Centrale di riferimento e, in ambito economia reale, l’andamento del PIL e l’occupazione. Com’è facile prevedere, l’andazzo di una variabile influenza quello delle altre e viceversa.
I rendimenti sul mercato secondario, in particolare, si muovono ‘più veloci’ in risposta ad aspettative e/o alla pubblicazione dei dati sensibili (c.d. market movers), Essi sono in grado di spostarli di tanto o di poco a seconda della forza che attribuiscono loro gli operatori finanziari.
Per rendercene conto torniamo alla giornata di giovedì 25 aprile, quando dagli USA sono arrivati il dato sul PIL e quello sul tasso di inflazione. Entrambi hanno deluso le aspettative degli analisti. Il PIL statunitense è cresciuto meno delle attese, mentre l’andamento dell’inflazione è stato superiore alle previsioni. In sostanza l’economia reale è risultata relativamente fiacca (nel periodo considerato), e quella monetaria è apparsa inefficace a spegnere le spinte al rialzo dei prezzi.
Per i mercati finanziari si è trattato di un mix micidiale di notizie che si è tramutato in un massiccio ordine di vendere. Nel giro di pochi minuti i principali listini azionari hanno virato al ribasso. Il Ftse Mib milanese, per esempio, è passato dalla quasi parità fino a sfiorare il -1,7%, con le perdite che hanno colpito tutti i settori.
Meglio non è andata ai titoli obbligazionari, che hanno temuto per un possibile rinvio e/o rientro molto più lento del previsto dei tagli dei tassi di interesse. Non solo, ma hanno pesato anche le parole del membro della BCE Joachim Nagel che ha detto che l’eventuale taglio dei tassi di giugno non va letto come il primo di una lunga serie. Morale, le sforbiciate potrebbero aversi più al rilento del previsto. Anche qui la risposta degli operatori è stata “vendere”, facendone risalire i rendimenti, Buoni del Tesoro Poliennale inclusi.
Qui il picco di periodo si è avuto a ottobre, quando il decennale ha sfiorato il 5%. Poi è iniziata una lunga fase calante che ha portato i rendimenti fino a quasi toccare il 3,5% nei giorni scorsi. Ora, dopo 4 mesi questo BTP torna al 4% di rendimento per la gioia di chi vuol investire in bond di Stato, con il picco del 25 aprile che ha sfiorato il 4,03%.
L’evento è al contempo positivo e negativo per gli investitori in titoli di Stato. Per chi è prossimo a impegnare un capitale, il rialzo garantisce un maggior guadagno finale a quasi parità di tutti gli altri elementi. Ad esempio un investimento odierno sul BTP decennale rispetto allo stesso strumento ai primi di marzo garantisce fino a un 4% lordo in più in 10 anni. Non è una cifra esorbitante, ma intanto è un guadagno in più.
Di contro chi vi ha investito nel recente passato potrebbe vedersi le quotazioni scendere sotto cento o comunque fiaccare i corsi. Facciamo un esempio per tutti. Tra febbraio e marzo il Tesoro ha emesso il BTP Valore 2030, che fino a pochi giorni fa non era mai sceso sotto cento. Un “tabù” che è stato recentemente infranto. Ad esempio il 25 aprile il bond ha segnato un minimo di 99,51 e ha chiuso a 99,27. Ecco illustrate a grandi linee, quindi i macro-effetti del rialzo dei rendimenti per chi ha già investito o intende farlo sui titoli di Stato.
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