La misura del disastro è data anche da questo. Erdogan, come se non sapesse chi sono i curdi, fa la morale ad Israele su Gaza.
C’è stato qualcosa di terribile e grottesco nelle parole di Erdogan, quando si rifiuta di chiamare i miliziani di Hamas “terroristi” e, non senza il piacere nel togliere il respiro a chi ascolta, li fregia di parole al miele. Sono dei liberatori, ha detto. Qualcosa di più di uno schiaffo a Gerusalemme. Una mossa d’odio, con parole scarne con una mancanza di riguardo che diventa dispetto compiaciuto, dopo che i miliziani sono entrati in Israele con nessun altra logica che quella di uccidere e provocare. Nessun chiama i cani rabbiosi santi. Erdogan sì. E tuttavia l’enormità portata dalle parole del sultano ha un peso non inferiore alla logica nel fragile origami degli equilibri mediorientali. E infatti Gerusalemme replica, ma non si straccia le vesti, anche quando Erdogan chiama crimini le scelte di Israele su Gaza.
Parole che neanche Francesco, l’argentino diventato papa, ha avuto il coraggio di pronunciare. E certo le parole di Erdogan non provengono da un cuore candido. E forse in questo è simile a Bergoglio. Ma il problema è che Erdogan di genocidio può parlare e ricevere in risposta poche parole di circostanza, ma quando quel signore anziano vestito di bianco ricordò la strage degli armeni per mano della Turchia da Istambul furono lanciate parole come pietre. E tre anni dopo il mite Recep Tayyip stringeva le mani in Vaticano, mentre i curdi, perseguitati da Istanbul fino in Siria, osservavano addolorati e increduli.
Dimenticati curdi e armeni
Erdogan potrebbe anche aver detto il vero, ma le sue parole inquietano più che consolare perché hanno l’ombra distorta di un moralismo di comodo. Ecco questo groviglio di finto sdegno, opportunismo e viltà autentica ci fa comprendere in quale intreccio prossimo al caos si iscriva la sciagurata reazione di Israele contro Hamas a Gaza. Perché Erdogan certo non è mosso da pietà, come Bergoglio non lo è dal coraggio, rispettivamente nel parlare e nel non parlare in maniera netta su quello che sta accadendo sulla pelle dei Palestinesi.
In questo caos la semplice verità è che Istambul vuole contare di più, come tutti, in quella parte del mondo. E per farlo non esita a contendere gli assassini di Hamas all’Iran e, nello stesso tempo, può permettersi di fare la morale a Gerusalemme, sapendo che la corda delle buone relazioni non si spezzerà, nonostante parole al veleno. Nel momento giusto. E la corda non si spezza. Armeni, curdi e palestinesi possono aspettate la giustizia su questa terra, o quella di Dio per chi di loro crede davvero. Gli altri possono fare il Dio in terra, mentre Bergoglio li benedice con la diplomazia del suo silenzio. Ecco, Gerusalemme ha aperto un vaso di Pandora in una terra che già di suo, appariva il silenzioso specchio del caos. Ed il silenzio è durato poco, per buona pace di Israele che vive su una polveriera, oggi accende fuochi e domani dirà di essere una perseguitata, anche dal buon amico Erdogan. Quello dei curdi e degli armeni.