Nell’assedio e nell’attacco a Gaza il governo di Benjamin Netanyahu ha commesso un errore a cui è difficile dare una misura.
Un errore che segnerà questo tempo e anche quello a venire. Resistere all’eccidio di Hamas era una prova di forza silenziosa, pazienza e lungimiranza politica che Israele doveva accettare e vincere, ad ogni costo. Reagire armi in pugno, usando il linguaggio che ha creato scompiglio e morte nella propria terra ha l’esito paradossale di elevare Hamas a nemico di pari lignaggio, contro cui dover dimostrare una forza che tradisce il linguaggio della paura.
Ma è la paura a dare le carte e Israele può solo sperare in una mano fortunata. Le avvisaglie sono tremende. E’ come giocarsi una fortuna, i residui di un patrimonio di credibilità e di buone relazioni internazionali con i creditori che ti osservano al di là dei vetri per fartela pagare. Qualcuno in maniera più o meno diplomatica, nel Palazzo di Vetro, altri pronti a usare altri metodi, quelli che le ultime settimane di violenza hanno mostrato in tutta la loro cupa ripetitività. Ma passata l’emozione e l’orrore di quel sabato, usato indifferentemente da Hamas come atto dimostrativo della sognata cancellazione di Israele dalle mappe e da Israele per chiedere uno sdegno internazionale che agisse da alibi e lasciapassare per ogni rappresaglia, ecco che la prospettiva lentamente rischia di capovolgersi ed un terreno, già debole e argilloso, sembra pronto a franare.
La scelta di uccidere
Perché se quanto accaduto il 7 ottobre verrà emulato e superato nella violenza, non ci sarà motivazione o logica a tenere il riflusso di questa violenza di ritorno travestita da legittima operazione di difesa. Qui non c’è diritto alla sopravvivenza, e gli argomenti svaniscono se si tengono migliaia di persone al buio e alla fame, per stanarne altre. Una via possibile per Gerusalemme era attendere e colpire a freddo, individualmente, le persone ritenute responsabili dell’eccidio. Silenzio e pazienza, guardia alta e capacità di comprendere dove è il nemico e cosa fa. Quello che è mancato nei giorni e nelle ore che hanno preceduto quel sabato. Ma era necessaria la forza per cancellare l’onta e nascondere la paura. Gaza verrà distrutta, gli assassini stanati e mostrati come trofei. Non abbiamo dubbi su questo.
Ma la sensazione è che Israele si sia chiusa in un incubo. E abbia gettato via la chiave. Perché infierire su una terra ed una popolazione allo stremo non risolve un solo problema. E i morti di parti opposte non si sottraggono si sommano sempre, e sono come rovi che intralciano un percorso sempre più stretto. Non saranno le esplosioni a Gaza che apriranno i varchi. La ferita è immensa e siamo ancora in piena notte.