La criminalità organizzata siciliana, meglio nota come cosa nostra, inizia le proprie attività addirittura ai tempi dell’era delle Due Sicilie, con il brigantaggio, ma non vi sono tanti elementi probatori, quanto quelli che emergono dal dopo guerra.
Inizia a formarsi cosa nostra dunque attorno agli anni 50, tra le campagne e le città non ancora del tutto formate come le immaginiamo oggi.
Cosa Nostra non è altro che un micro stato dentro allo Stato, è una organizzazione che ha un suo “parlamento” chiamato commissione, commissione che viene presieduta dal presidente, che è Michele Greco detto il papa, per la sua capacità di “dirimere le controversie” e fare da paciere.
Ed al suo interno troviamo tutti i capi mandamento, che sono i Boss di ogni zona, Totò Riina, coadiuvato da Bernardo Provenzano e Luciano Liggio per i corleonesi; Stefano Bontate capo mandamento della famiglia di Villagrazia, Tano Badalamenti, capo della famiglia di cinisi e Tommaso “Masino” Buscetta, detto anche il boss dei due mondi, per i suoi rapporti con il sud america, reggente della famiglia di Porta Nuova.
La commissione aveva il ruolo di pianificare le attività illecite, la divisione dei proventi e mantenere l’armonia tra le varie cosche, ma non sempre fu così.
Iniziarono quindi le guerre di Mafia, i Corleonesi, appoggiati silenziosamente dal Papa Michele Greco, capo della commissione iniziarono una guerra di mafia, il 23 aprile del 1981, insieme al suo cane fu ucciso a colpi di arma da fuoco Stefano Bontate, mentre si trovava in macchina nella zona di sua competenza. Ma la smania di potere di Riina e dei corleonesi non si placa, a pagarla con la vita saranno anche i boss Salvatore Inzerillo e Rosario Riccobono, più tutti i membri del loro clan, sciolti nell’acido durante un pranzo in una delle ville di Michele Greco.
Salvatore Contorno, fido amico di Masino Buscetta, riesce a sottrarsi all’agguato a lui preparato, da “Scarpuzzedda” e Giuseppe Lucchese, due dei più temibili killer della cosca dei corleonesi.
Rimasti in vita quindi solo Contorno, ai quali vennero uccisi dei parenti, Badalamenti che come Contorno vide sterminata la sua cosca, rimane solo Masino Buscetta, scappato in Brasile con il nome di Roberto Felici.
Ma se a pagarla non poteva essere don Masino, Riina ordinò a Pippo Calò, a questo punto ex uomo di fiducia di Buscetta di sterminare tutta la sua famiglia. Morirono per mano mafiosa i figli Benedetto ed Antonio, un fratello, un cognato, il genero e ben 4 nipoti.
Arrivata in Brasile questa notizia Buscetta è preso dal dolore, ma sa che da solo, non ha dove andare, poichè ormai i corleonesi hanno preso abbastanza campo.
Il 2 novembre 1972 viene arrestato dalla polizia brasiliana, per spaccio internazionale. Buscetta decide dopo alcuni incontri avvenuti a Brasilia con il Magistrato Giovanni Falcone, di collaborare, ed il 15 luglio 1984, atterra a Roma, celebre la foto che lo ritrae iin occhiali da sole e con una coperta che non faceva vedere i polsi ammanettati.
Fu ospitato sotto strettissima sorveglianza presso la questura di Roma, dove pochi giorni dopo il suo arrivo iniziò a raccontare al giudice Falcone, la storia della mafia; nella storia resterà la frase: “adesso dobbiamo decidere chi dei due deve morire per prima” conscio del tradimento che Buscetta stava facendo verso cosa nostra.
Buscetta non accettò mai di essere definito un pentito, termine con cui in Italia cominciavano ad essere indicati i collaboratori di giustizia; dichiarò piuttosto di non condividere più quella che era la nuova Cosa nostra, poiché, a suo dire, aveva perso la sua identità.
Con le sue dichiarazioni, fu rivelato per la prima volta alla giustizia italiana ed al mondo che cosa era Cosa nostra nello specifico, di cui fino ad allora non si era potuto sapere nulla a causa della stretta omertà e paura di chiunque avesse a che fare con ambienti ed eventi mafiosi. L’unico argomento di cui Buscetta inizialmente rifiutò di parlare con il giudice Falcone furono i legami politici di Cosa nostra perché, a suo parere, lo Stato non era ancora pronto per dichiarazioni di quella portata, e rimase sul vago o cambiando spesso discorso quando si parlava di tale argomento.
Con le confessioni a Falcone, scopriamo un Tommaso Buscetta “umano” rispetto alle barbarie compiute da Riina e compagni, lui si definiva contrario alle guerre di mafia, preferiva i dialoghi, donne e bambini dovevano essere risparmiati, cose che invece i corleonesi non rispettarono, e Don Masino lo sa fin troppo bene.
Dopo tali rivelazioni, decise insieme al Dott. Falcone un trasferimento negli USA, dove però si sentiva sempre braccato.
Durante i colloqui intercorsi tra Buscetta e Giovanni Falcone, si era instaurato un rapporto di velato rispetto e stima, quando nel 1992, Masino venne a conoscenza dell’attentato di Capaci decise di farsi nuovamente vivo e rompere il suo silenzio: “In questo momento ritengo un mio dovere morale dare un contributo alle indagini perché ritengo che ciò sarebbe stato considerato giusto dal dottor Giovanni Falcone, cui, anche in questo momento, vanno i miei più devoti sentimenti di stima e di ammirazione per ciò che ha fatto nell’interesse della Giustizia. I tragici omicidi del dottore Falcone e del dottor Borsellino mi hanno colpito profondamente e, dopo dolorosa riflessione, mi hanno indotto a rivedere il mio recente atteggiamento di non disponibilità a rispondere su questi argomenti”, si riferiva alle tante volte che glissava sul legame tra stato e mafia.
Dopo aver testimoniato nel processo contro Giulio Andreotti, terminato con l’assoluzione del politico, Buscetta tornerà a far parlar di se per una crociera sul mediterraneo, ma qualche anno dopo, gravemente malato, si spegnerà all’età di 71 anni, venendo sepolto sotto falso nome a North Miami.
Buscetta rappresenta quindi la linea di mezzo precisa, tra la vecchia mafia e la nuova, che oggi è più criminalità disorganizzata.
Lo stato negli anni però si è preso tutte le sue vittorie, rendendo giustizia ai tanti caduti per la ricerca della verità, con gli arresti di Riina, Bagarella, Provenzano, I Lo Piccolo, ed infine del Boss più ricercato di Italia Matteo Messina Denaro.
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