La società insegna a correre, correre veloce senza poi però stringere niente in mano, questo porta a lungo andare a diversi rimpianti: come salvarsi?
In un mondo accelerato è difficile aprire la strada al proprio io, a ciò che siamo, che sentiamo di essere. Questo perché fin da quando si è piccoli la società capitalista tende a dare un’immagine distorta di quel che sia il lungo cammino chiamato vita.
In questo cammino ognuno dovrebbe costruire le basi del proprio carattere che si distingueranno in tutto e per tutto dagli altri. Quindi, nonostante l’essere umano sia nato per vivere in comunità e per rapportarsi all’altro e imitarlo per sentirsi parte del branco, in realtà il percorso di vita migliore è quello che segue il proprio volere anche quando significa andare contro gli altri.
Spesso, quando si è giovani e inesperti si cerca di scendere a patti con le proprie paure e in questo modo ci si chiude sempre di più. Questa clinica securitaria, come viene chiamata dallo psichiatra Massimo Recalcati, porta in un certo senso ad una stasi, un rifiuto alla vita.
Si tratta di una reazione inversa rispetto a quello che è il dettame della società. Quest’ultima spinge l’individuo in una corsa infinita che non lo lascia soffermare sugli affetti, sul suo stato emotivo e sull’interiorità.
L’individuo deve correre: prima la scuola, poi l’università, poi il lavoro, e così quella sensazione di spaesamento e di incertezza si amplifica. Tutto ciò porta il ragazzo a non osare, a preferire i porti sicuri ai mari aperti, ma non si rende conto che questa mancanza di intraprendenza gli sta chiudendo tante porte e che quella corsa infinita svuotata di senso non lo sta portando da nessuna parte.
Questa sensazione è la più comune tra i giovani di oggi, a parlarne anche la fondatrice di Psicoadvisor Anna Maria Sepe, la quale spiega come una volta arrivati alla volta dei 50 anni, si inizia a vivere di rimpianti, ovvero di tutte quelle rinunce fatte per paura, per una paura asfissiante che congela i sensi e blocca le occasioni che la vita presenta.
Per evitare di finire in questo circolo vizioso è importante rifarsi sempre alla Teoria del posto macchina gratuito della vita. La psichiatra spiega che spesso siamo portati a parcheggiare molto lontano dalla meta per paura di non trovare posto per l’auto.
Questo errore è metaforicamente ciò che si fa anche nella vita: si finisce con il non buttarsi per paura di fallire, di cadere. Invece è importante arrivare con l’auto fino alla meta, pensando che nel caso in cui i parcheggi fossero tutti occupati si potrà sempre tornare indietro e trovarne uno più distante. Questo approccio sembra banale ma invece è importante per riflettere.
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