In tema di pensioni, non sono rosee le previsioni per i contribuenti nati negli anni ’80: e il Governo pensa all’introduzione di un assegno di garanzia.
Incontri su incontri tra il Governo, il sindacato e le parti sociali: perché il tema è senz’altro caldo e riguarda le pensioni. Anzi scotta, perché lo sappiamo, ne abbiamo parlato per anni e, a dirla tutta, il tempo a disposizione non è più molto: se il quadro complessivo e generale già non è dei migliori, infatti, ancora peggiore è la situazione che riguarda i contribuenti nati negli anni ’80.
La condizione di precarietà, infatti, è particolarmente diffusa tra i lavoratori che attualmente hanno circa quarant’anni e il perdurare di questa instabilità che pare essere divenuta endemica, fisiologica e imprescindibile, rischia di condurre in pochi anni ad un assegno previdenziale davvero esiguo, talmente basso da non poter garantire di provvedere dignitosamente a coprire nemmeno i bisogni primari che, con l’avanzare dell’età, si fanno sempre più pressanti.
E a certificare il rischio è stata anche la Corte dei Conti, che ha dedicato un intero capitolo proprio ai contribuenti nati tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 all’interno dell’ultimo rapporto che analizza lo stato di salute delle finanze pubbliche. Il quale, dobbiamo ammetterlo, è particolarmente cagionevole. E, per questo, va curato con tempestività e in modo efficace, al fine di non incappare in solo pochi anni in uno smottamento sociale senza precedenti. Cosa fare allora?
Nel 1996 il Governo italiano presieduto dal premier Dini approvò e mise in vigore il sistema contributivo: il sistema pone in correlazione e proporzione diretta tutto ciò che il contribuente ha versato durante la carriera professionale con quanto verrà a percepire una volta ritiratosi in pensione. E il quadro che emerge con chiarezza è che con questo sistema il rischio per i quarantenni di oggi è di ritrovarsi con una pensione di soltanto alcune centinaia di Euro.
Ciò perché i versamenti effettuati durante l’attività professionale non sono sufficienti, proprio a causa delle condizioni di precarietà, a garantire di più. E a ciò si aggiunge un altro allarme: ovvero quello di non essere riusciti, al contempo, ad accumulare e a risparmiare granché, in molti casi quasi nulla, durante la vita lavorativa.
È un quadro allarmante, per molti versi deprimente, tuttavia va osservato per ciò che è, con oggettività e lucidità, se l’obiettivo è appunto quello di risolverlo. Già, ma come? Ebbene, una delle ipotesi avanzate è quella di un ritorno al sistema retributivo, con lo Stato pronto a garantire le integrazioni necessarie nei casi in cui gli assegni pensionistici siano troppo esigui. Ma un piano chiaro al momento ancora non c’è. E gli incontri e le discussioni continuano.
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