Sono sempre più numerose le dipendenti che denunciano i palpeggiamenti sul lavoro: il risarcimento, se dimostrati, può essere enorme.
Non è di certo una novità che una dipendente possa essere molestata dal datore di lavoro, o da altri dipendenti di grado superiore. Questi atteggiamenti possono far chiedere un risarcimento davvero considerevole: ecco come comportarsi e come fare per avere le prove.
Purtroppo sono tantissimi i casi di donne molestate sul lavoro. Palpeggiamenti, allusioni, parole di troppo, ormai è all’ordine del giorno anche la denuncia che, in un tempo nemmeno troppo lontano, era considerata molto meno. Ma cosa succede se un superiore abusa del suo potere per avere comportamenti inappropriati nei confronti di una dipendente? Andare semplicemente a denunciare potrebbe non essere abbastanza, la sola testimonianza può servire a una condanna? Vediamo cosa dice la legge.
Denunce per palpeggiamenti e violenze sessuali sul lavoro: come denunciare
Una recente sentenza della Cassazione mette al centro proprio il tema della violenza, sia verbale che fisica, che una donna può subire sui luoghi di lavoro. Ecco come fare per procedere con la denuncia, qualora dovesse accadere. Una vittima può sporgere querela, in un anno da quando è accaduto il fatto.
Che sia un palpeggiamento al seno, o sulla coscia o al petto, questo porterà a una condanna. Se avviene sul lavoro in primis la dipendente può chiedere le dimissioni per giusta causa: ottenere il TFR, il risarcimento danni, e la Naspi ovvero l’assegno di disoccupazione.
Il datore di lavoro è quindi responsabile sia penalmente che civilmente delle molestie da lui perpetrate. È responsabile civilmente, ovvero pagando il risarcimento danni, anche se un altro membro dell’azienda, superiore alla dipendente, mette in atto una valenza. L’ultima sentenza ha sottolineato infatti come la testimonianza di una vittima, credibile e attendibile, possa portare a stabilire la responsabilità dell’imputato.
Non servirebbero in questo caso nemmeno riscontri, ma semplicemente un racconto che sia coerente e affidabile. Ad esempio se una dipendente ha un buon posto di lavoro con uno stipendio adeguato, e ci rinuncia, questo rappresenta già una prova.
Valgono anche le registrazioni, generalmente vietate, ma che in questi casi servono a far valere in giudizio un proprio diritto. Si parla di violenza sessuale vera e propria quando ci sono dei palpeggiamenti in zone intime, anche sopra ai vestiti, ma in ogni caso vengono analizzati anche comportamenti che siano meramente verbali come molestie. Insomma i casi di denuncia sono sicuramente sempre più diffusi sul lavoro e bisogna valutare bene tutte le opportunità, raccogliere anche le prove e procedere.