Una recente pronuncia mette un punto fermo nel difficile rapporto tra protezione e rispetto della libera scelta di essere ricoverati o meno in una RSA
I drammatici anni di pandemia da Covid-19 ci hanno messo di fronte, in tutta la loro tristezza, al destino che vivono alcuni anziani ricoverati nelle RSA. In quel periodo che speriamo non ritorni mai più, quei luoghi sono stati spesso luoghi di solitudine, ma anche di contagio. Oggi che la pandemia è passata, non dobbiamo dimenticarcene. Innanzitutto, dobbiamo conoscere la legge: è possibile trasferire gli anziani in maniera coatta in queste strutture? Ecco la normativa.
Non dobbiamo dimenticare, dunque, che chiunque, anche le persone più deboli e fragili (anzi, soprattutto) hanno i loro diritti. Sebbene la pandemia sia ormai alle spalle non si può dimenticare il dramma di solitudine che vivono molti dei nostri anziani, coloro i quali hanno contribuito a rendere grande il nostro Paese.
Sappiamo bene, infatti, che nessuno può essere obbligato a subire cure mediche, se non in casi particolari, che riguardano patologie psichiatriche, in cui occorre un ordine di un giudice con il trattamento sanitario obbligatorio. Ma, quando si tratta di anziani, il confine tra protezione e rispetto della volontà è sempre molto sottile. Cosa dice la legge rispetto al ricovero coatto di un anziano in una residenza sanitaria assistita? Una recente pronuncia fa chiarezza.
Si può obbligare un anziano al ricovero in una RSA?
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è pronunciata sul punto, stabilendo che il ricovero coatto in una RSA, determinato dall’amministratore di sostegno e dall’autorità giudiziaria, è una violazione della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Si va a incidere, dunque, su interventi che vengono definiti troppo arbitrari e rigidi.
La Corte si è pronunciata nell’ambito del ricorso 46412/21, puntando molto sul rispetto della vita privata dell’individuo, che non può essere scalfita nemmeno dall’amministratore di sostegno con una decisione che possa avere uno scopo legittimo di protezione. Secondo la Corte, una misura così invasiva e drastica dovrebbe essere “riservata a circostanze eccezionali”.
La pronuncia di Strasburgo tutela il libero arbitrio delle persone che sono ancora in grado di autodeterminarsi, seppur anziane. E anche se li si vuole proteggere non si può obbligare dovendo rispettare il più possibile la libera volontà della persona in questione. Da qui la condanna per il nostro Paese, l’ennesima su vari temi. L’Italia, infatti, è stata condannata perché la CEDU la ritenuta inadempiente circa la predisposizione delle misure necessarie a garantire il rispetto del diritto all’autodeterminazione e alla partecipazione nella vita sociale del soggetto fisicamente e/o psicologicamente più fragile. Gli anziani, appunto.