La risolutezza con cui Giorgia Meloni ha liquidato Andrea Giambruno nasconde una contraddizione. Ed è piena di effetti collaterali dannosi.
Deve esserci un momento, solo un istante, di euforia mista a dolore nel liquidare il proprio compagno con poche righe pubbliche, perentorie e inequivocabili. Una rabbia trattenuta, non priva di stile, con l’immancabile segno di disappunto per un epilogo che non si sarebbe voluto. Non così. E’ sembrato un passo obbligato che seguiva le rivelazioni pubbliche su una vicenda che solo privata non sarebbe potuta rimanere a lungo, visti i nomi in gioco, soprattutto quello di lei, Giorgia.
Troppa vita privata offerta al pubblico
E lei ha reagito a modo suo, fredda ed istintiva allo stesso tempo, sempre attenta a mostrare il lato forte, Una virilità al femminile, potremmo dire, se qui non si entrasse in una selva intricata e nera dove basta una parola fuori posto, o fraintesa, per impiccare le persone al ramo più alto. Giorgia non si è contraddetta, o meglio, è stata ben attenta a non indebolire la narrazione di sé, a costo di sacrificare una parte del suo privato. E’ sembrata una scelta perfino coerente, la sua, dal momento che il suo privato era diventato affare pubblico, con Andrea sorpreso in espressioni sopra le righe. Non un compagno qualunque ma l’uomo che condivide la propria vita di coppia con una donna di casa a Palazzo Chigi. E non è la governante.
Ma questa scelta ha un prezzo e un veleno a lento rilascio a cui Giorgia potrebbe non essere immune. Il prezzo per definizione l’hai messo in conto se sei una persona accorta – e nulla lascia pensare che la premier non lo sia – il veleno è più difficile da preventivare perché ha una natura occulta che gli conferisce l’indubbio vantaggio di essere sottovalutato. E così che uccide.
Lasciare che il proprio mondo emotivo e relazionale sia osservato da un pubblico, benché nel ristretto perimetro di un post che sembra il comunicato stampa di un cuore tradito e disciplinatamente trattenuto nelle propri manifestazioni preclude le mille possibilità che la vita privata, e in essa la vita sentimentale, eminentemente reclama. Perché il privato è uno spazio dove la libertà deve rimanere tale, non essere preclusa, dal pensiero che una scelta capace di contraddire l’immagine ostinatamente offerta di sé può arrecare.
E così se Giorgia – che si è voluta rappresentare sdegnata, risoluta e priva di fragilità – dovesse rivedere il suo Andrea e comprendere che sì, l’imperdonabile può essere perdonato, anche se l’errore altrui ti ha umiliata oltre il tollerabile, cosa sceglierebbe di fare, viene da chiedersi. La premier sembra aver reso difficile questa possibilità a sé stessa, possibilità non preclusa ai comuni mortali, liberi dall’assillo di un’immagine e una coerenza da difendere. Viene da chiedersi se la riappacificazione fosse un dono alla figlia, Giorgia, la madre devota ed attenta, saprebbe tornare indietro, nonostante il macigno di quelle note pubbliche sulla loro relazione? L’augurio è che sappia farlo, senza tentennamenti. Perché contraddirsi è il fragile privilegio dei forti. E farlo per non compromettere il mondo emotivo di una figlia amata è un dono anche a sé stessi. Ed è il giusto tributo che dobbiamo alla vita, sia tu la Gorgia che entra nelle sale austere di Palazzo Chigi o la Giorgia che bacia il primo amore all’ombra di un cortile, alla Garbatella.