La Lega ha presentato un progetto di legge per multare chi negli uffici pubblici non espone o rimuove il crocifisso
Ritorna la questione dell’identità italiana. Urgono, dal punto di vista evocato dalla Lega, simboli che evochino sentimenti unitari tali da superare tutte le contrapposizioni politiche e culturali. La proposta è vietare che si tolga il crocifisso dai muri delle scuole e delle sedi pubbliche, punendo con una multa di mille euro chi lo fa. La sanzione colpirà, secondo il testo del progetto di legge, “chiunque rimuove in odio ad esso l’emblema della croce o del crocifisso dal pubblico ufficio nel quale sia esposto o lo vilipende”.
Chiunque si rifiuti di affiggere oppure rimuova il crocifisso sarà multato perché quel simbolo di sacrificio ed estrema sofferenza rappresenta per la deputata il “valore universale della civiltà e della cultura cristiana”. Una sentenza del Consiglio di Stato del 1988 è stata poi citata dalla Lega come base legale per sostenere tale proposta.
Multe fino a mille euro a chi rifiuta di esporlo
La Lega nel corso della sua storia, in Parlamento come nelle Regioni e negli enti locali, ha sempre contestato vivacemente le scuole in cui non si fa il presepe e non si mette il crocifisso in ogni aula “in alto e ben visibile”. Sono sempre state aspre le critiche di chi, eventualmente appellandosi in nome della società multiculturale e alla laicità dello Stato, evita di affermare i simboli cattolici che secondo la Lega rappresentano la nazione.
La religione cattolica potrebbe fungere da collante per tutti, dando sostanza all’idea di Stato di diritto, che da sola resterebbe arida, e quindi non riuscirebbe a dare compattezza a una società disgregata se non polverizzata. L’idea ha una lunga storia e dignità, a partire dal Romanticismo europeo. Il fatto è che la società è molto cambiata dai tempi del Manzoni, che nel Cinque Maggio invocava una patria “una d’arme, di lingua, d’altare /di memorie, di sangue e di cor”.
Come rimediare al disincanto del mondo
Mai però nella sua storia l’Italia è stata così compatta e ancor meno lo è oggi. Persino il Regno d’Italia aveva una forte componente laica, che tanto che poi nel 1868 il celebre non expedit (“non conviene”) del Vaticano stimolava i cattolici a non partecipare alla vita delle istituzioni italiane, pochi anni dopo la breccia di Porta Pia. E dire che lo Statuto Albertino esigeva che il re fosse di religione cattolica. La contrapposizione fra Stato e Chiesa venne poi superata dai Patti Lateranensi del 1929 fra Regno d’Italia e Santa sede, quando il cattolicesimo venne proclamato religione di Stato.
La Repubblica sarà invece laica dal 1948, pur riconoscendo nell’art. 7 della Costituzione l’indipendenza e la sovranità dello Stato e della Chiesa, ciascuno nei propri ambiti. Tensioni e discussioni legate a gesti simbolici si sono poi susseguite. Famosa, elogiata e criticata fu la genuflessione del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi che, in Vaticano, nel ’55 si inginocchiò davanti a Pio XII per ricevere la benedizione. Gesto mai più ripetuto dai successori.
Il disagio della legittimazione reciproca
L’accordo di Villa Madama del 1984, il cosiddetto concordato bis, ribadì la laicità dello Stato. Fra l’altro, venne abolita la congrua, cioè l’assegno che il Regno d’Italia erogava ai sacerdoti, da sostituire con altra misura. E nacque l’8 per mille, mentre la Chiesa avrebbe preferito la defiscalizzazione delle offerte.
Le continue riaffermazioni della laicità dello Stato hanno indebolito le proteste anticlericali, oggi molto meno vistose, tranne che da parte di associazioni come l’UAAR (Unione atei agnostici e razionalisti), che si batte in particolare per la revoca della registrazione del battesimo negli archivi parrocchiali. Anche l’espansione dei diritti civili ha ridimensionato le critiche alla morale cattolica. Le discussioni più vivaci, negli ultimi anni, riguardano semmai la stessa identità cattolica, come risulta dalle pesanti polemiche condotte da cattolici conservatori contro papa Francesco.
Diritti civili e timori di islamizzazione
L’identità nazionale cattolica viene negata poi dai dati statistici sui sacramenti amministrati, in vistoso calo nel corso dei decenni. Un dato esemplare è quello dei matrimoni religiosi, in caduta libera, ma anche quello delle vocazioni è allarmante, se la fede è espressione di identità nazionale.
La Lega comunque negli ultimi trent’anni ha sottolineato sempre l’importanza dei simboli cattolici, perché la laicità dello Stato favorirebbe non l’integrazione degli immigrati, bensì la scomparsa dei valori nazionali. Le battaglie contro la presunta islamizzazione e la realizzazione di moschee sono state vibranti, soprattutto negli anni degli attentati terroristici in Europa.
Il sacro fuoco delle Regioni settentrionali
Alla guida delle Regioni del Nord, il Carroccio ha cercato di fare argine alla laicità dilagante. Nel 2011, sotto la spinta del partito di Matteo Salvini, la Lega era riuscita a far approvare in consiglio regionale una spesa di 2500 euro annui per crocifissi da esporre negli edifici pubblici regionali. Il Veneto dal canto proprio ha aiutato le scuole ad allestire presepi con un contributo di 250 euro.
Ci si può domandare se sia proprio così indispensabile ostentare ovunque la fede cattolica, nel momento stesso in cui la si riconosce già come sostanza dei valori nazionali. Oltretutto nei Vangeli Gesù critica i farisei per le ipocrite manifestazioni di fede. Non solo: l’accoglienza degli stranieri è ribadita dallo stesso Gesù come un valore. E la Chiesa cattolica non perde occasione di sottolinearlo.
Gli sconvolgenti effetti dell’uguaglianza
Le discussioni insomma si evolvono, mentre la laicità progredisce: le battaglie pro o contro l’aborto oggi si sono trasformate in un dibattito sulla crisi demografica. L’era della religione di Stato è finita nel ’48, quando la Repubblica è andata fiera dell’articolo 3 della Costituzione, che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini a prescindere dalla religione. Un principio che sembrerebbe inapplicabile in un periodo di intensi flussi migratori.
La Lega vuole invertire la tendenza alla laicità. Il crocifisso venne reso obbligatorio con regi decreti nel 1924 e nel 1928. Dopo l’accordo di Villa Madama, il consiglio di Stato approva tuttavia la presenza dei crocifissi nelle scuole, con una sentenza del 1988, alla quale si richiama oggi il partito di Salvini. Nel ’97 la Corte costituzionale si oppone tuttavia a quell’obbligo, dato che le aule scolastiche vengono usate come seggi elettorali.
Nell’era dell’Ue, la Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2009 stabilì che il crocifisso violava sia il diritto dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni che la libertà di religione degli alunni. L’Italia era sotto accusa. Poi nel 2011 la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, in appello, ha accolto il ricorso dell’Italia, perché i crocifissi non violano i diritti umani. Il progetto di legge Bordonali è stato presentato alla Camera il 6 settembre e farà di nuovo discutere, andando alla ricerca di un equilibrio che nella storia si è mostrato continuamente mutevole.