Chi decide chi merita di passare alla storia? Ci pensa il Comune di Milano, con un’apposita commissione, che facilita le decisioni dei posteri
Che cosa fa sì che un uomo sia illustre? Che significa essere illustri? Il dizionario Treccani spiega che nell’italiano antiquato “illustre” è la superficie colpita da un raggio di luce. Poi, illustre chi è di nobili natali, ma quel che interessa in questo caso è un altro significato, per cui si dice illustre chi ha acquisito larga e meritata fama per singolari qualità e per opere o atti stimati egregi. Torna insomma l’antica questione “che cos’è la virtù” e di conseguenza quali siano le azioni che meritano ampia fama.
Il sindaco Beppe Sala è stato del tutto d’accordo con la proposta di Forza Italia, abbracciata e sostenuta immediatamente anche dal centrosinistra: inserire Silvio Berlusconi nel cimitero monumentale di Milano, fra i milanesi illustri, per primo Alessandro Manzoni. E come ha dichiarato Sala, i princìpi vanno difesi quando sono molto chiari: ha fatto l’esempio dell’intitolazione delle vie, impossibile prima di dieci anni. Invece per il primo cittadino l’inserimento del fondatore di Canale 5 nel famedio (il tempio della fama, il pantheon, la parte più eccelsa del cimitero) è accettabile. Se è discutibile, allora è accettabile. Così ha detto.
Il centrosinistra pone Berlusconi vicino a Cavour
Per molti anni però Berlusconi non è per niente stato considerato illustre da tutti per meriti evidenti e per singolari qualità positive. E’ stato anzi pesantemente criticato per il conflitto d’interessi, la sua condotta morale, le sue lotte contro la magistratura e le leggi ad personam. Anche per aver assunto Vittorio Mangano. E’ stato considerato eversivo. Singolare anche il rapporto fra Berlusconi come leader e i suoi sostenitori, che spesso sono parsi idolatrarlo. Eppure, per Beppe Sala vale la pena di litigare per altri motivi, non per l’inserimento nel tempio della fama. Ma Berlusconi è un modello da seguire? E’ giusto collocarlo accanto a Manzoni e Cavour, Mazzini e Verdi? E’ come Toscanini, come Quasimodo, come Carla Fracci? Come Dario Fo e Franca Rame? Forse questi ultimi si trovano sopra la media, quando però una media è impossibile.
I criteri d’ammissione, chiarendo che non è indispensabile essere sepolti a Milano, sono stabiliti da un regolamento del 1884, poi in parte modificato nel 1904. Tre sono le categorie di cittadini che il Comune di Milano ha ritenuto meritevoli di “passare alla storia”. Gli “illustri” per meriti letterari, artistici, scientifici o atti insigni, i “benemeriti” che per virtù proprie hanno recato benefici e fama alla città e i “distinti nella storia patria” che hanno contribuito all’evoluzione nazionale.
Chi ha bisogno del monumento e chi ne fa a meno
Non tutti i morti a Milano sono uguali. Se Totò ha composto “‘A livella”, dove le classi sociali vengono cancellate dal trapasso, anche se il fantasma dell’aristocratico si scandalizza d’avere a fianco la tomba di un netturbino, Ugo Foscolo molto prima di lui, nel carme “Dei Sepolcri” affrontava l’argomento posto da Napoleone. Nel 1804 venne stabilito che i cimiteri sorgessero fuori dalle mura cittadine e che una commissione stabilisse chi si meritava un epitaffio. Foscolo s’indignava perché nulla ricordava il grande Giuseppe Parini.
Leopardi nel 1818 a propria volta dedicò una Canzone al monumento di Dante che allora s’erigeva in Firenze, dato che Dante non aveva ancora un monumento. Era davvero necessario? Era utile solo per i turisti? Qualche anno dopo Robert Schumann compose la Fantasia in Do (1839) per partecipare alla raccolta fondi necessaria per fare il monumento a Beethoven. Ne aveva bisogno? Prima che esistesse il famedio, a Milano i grandi passavano alla storia da soli e senza il beneplacito del Comune.
C’è chi celebra il rigore morale e cancella il padre
Il problema ora si pone al contrario. Nessuno compone poemi o sinfonie e c’è chi verrebbe sin troppo celebrato per aver fondato Canale 5. Si è scandalizzata Federica Borrelli, la figlia di Francesco Saverio Borrelli, il celebre magistrato, nato a Napoli ma deceduto a Milano, che da quattro anni fa parte del Famedio. La figlia, alla notizia che Berlusconi aveva raggiunto il magistrato, ha commentato su Facebook di voler cancellare il nome di suo padre.
Un’amica di Federica Borrelli ha scritto in un post che un pregiudicato per rati fiscali non sarebbe dovuto entrare nel tempio della fama. Le indagini su Berlusconi erano condotte dalla stessa Procura milanese guidata da Borrelli. Federica, studiosa di lettere classiche, ha aggiunto che l’ex premier ha messo in imbarazzo troppi cittadini italiani e che sarebbe stato meglio sospendere il giudizio ancora per qualche anno, dato che si tratta di un personaggio divisivo che non mette tutti d’accordo.
Morigeratezza e rigore per lei sarebbero state salutari, tuttavia un intero ceto politico ha deciso che per passare alla storia non è necessario comporre l’Aida e il Falstaff. Il 2 novembre con un’apposita cerimonia Berlusconi balzerà nel famedio. La Regione Lombardia però ha bruciato sul tempo il Comune e il 29 settembre, giorno del compleanno del Caimano, gli ha subito intitolato il Belvedere, nella propria sede. E non si pensi che l’abbiano fatto per accalappiare i voti dei berlusconiani. In fondo, né in Regione né nel pantheon del Comune ci sono santi.