Manganellate sulla testa di una trans fino al sanguinamento e poi una relazione falsa che racconta tutt’altro. Per sette vigili ora sono guai.
Il caso della trans brasiliana 42enne presa a manganellate il 24 maggio scorso dai vigili urbani di Milano, nel parco Trotter in zona Bocconi, si sta complicando e appesantendo. Gli agenti inquisiti ora non sono più quattro, come in un primo momento, ma sette. La scena era stata filmata col cellulare da alcuni studenti e avendo fatto il giro dei social, scatenando polemiche e altri interventi, finendo per dividere l’opinione pubblica. C’è chi ha giustificato i vigili, anche se la trans è stata colpita quando era già a terra con le mani alzate. Pochi giorni dopo, il 28 maggio, si è tenuto un sit-in di protesta con la partecipazione dell’Acet, Associazione per la cultura e l’etica transgenere.
Particolare il commento che ha postato su Tiktok la trans forse più famosa, Efe Bal, escort più volte intervistata e ospitata nei talk show, per parlare della condizione transessuale. Ha affermato che Matteo Messina Denaro non è stato nemmeno ammanettato, mentre la trans è stata malmenata. E che questo è un altro caso di omofobia. Uno dei tanti. Una vicenda diventata molto nota e quindi delicata, così da richiedere da parte della magistratura una valutazione chiara e risolutiva. Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Giancarla Serafini. A fine settembre, la commissione disciplinare del Comune di Milano ha ascoltato due dei vigili che hanno preso parte alla vicenda. Il municipio sta svolgendo gli accertamenti dei fatti con i suoi organi, mentre la giustizia ordinaria si mette in moto con i propri.
Botte da orbi alla trans ma un video col cellulare riprende tutto
Sono stati particolarmente criticati, l’uno per aver colpito la trans alla testa con il manganello e l’altro per averle spruzzato in faccia lo spray urticante al peperoncino. C’era il dubbio se fossero entrati in azione senza l’autorizzazione della centrale operativa della polizia locale; loro due hanno invece sostenuto il contrario. Davanti alla commissione, erano al loro fianco l’avvocato e una delegazione del Sindacato unitario lavoratori della polizia locale di Milano. Hanno dichiarato di essere accorsi, con il consenso della centrale, quando si sono accorti che la centrale stessa stentava a trovare pattuglie libere da impegni per dare aiuto al vigile che si trovava nel parco Trotter ed era in difficoltà.
Poi, i due agenti hanno fornito la loro versione dettagliata. La registrazione audio delle telefonate e delle comunicazioni via radio tra i due agenti e la centrale sono state messe agli atti. La Procura sta indagando su di loro per lesioni aggravate dall’abuso della funzione pubblica. Stando alle accuse, la loro “grave scorrettezza” ha recato danno al Corpo dei vigili e all’immagini del Comune di Milano. Se il giudice li condannerà, rischieranno il licenziamento.
Molte domande e versioni contrastanti sull’accaduto
Ma perché la polizia locale è intervenuta nel parco Trotter? L’assessore alla sicurezza del Comune di Milano Marco Granelli ha dichiarato che alcuni genitori avevano chiamato la polizia perché qualcuno stava importunando gli alunni delle scuole del parco Trotter. La Procura però ha smentito che la trans, di nome Bruna, sia stata segnalata per molestie ai bambini fuori dalla scuola.
I due agenti hanno riferito che la trans Bruna avrebbe era in condizioni alterate e avrebbe finto di star male, e che quando la pattuglia dei vigili si è avvicinata con l’automobile, ha dato un calcio alla portiera ed è scappata. Così gli agenti l’hanno inseguita e fermata in via Sarfatti. Lì si è svolta la scena filmata con un cellulare da un balcone, poi diventata famosa. L’accusa riguarda in particolare le manganellate alla testa: sono vietate, come viene insegnato nei corsi di tecniche operative.
Due magistrate mettono i vigili spalle al muro
In questi giorni le due magistrate hanno emesso l’avviso di conclusione delle indagini, rendendo così noto che sono emersi altri problemi. I vigili indagati ora sono sette. Tre avevano l’accusa di lesioni aggravate dall’abuso della pubblica funzione, e due di loro anche l’accusa di falso in atto pubblico. Ora altri quattro sono inquisiti, poiché tra loro sono ripartiti i reati di falso in atto pubblico (contestato a due di loro) e abuso di autorità contro arrestati o detenuti (contestato a tre di loro).
I fatti sono questi. Bruna è stata fermata e, dopo il pestaggio, fatta salire in automobile. La relazione dei vigili dichiara che la trans si è ferita da sola, dando delle testate contro i finestrini, ma questo risulta falso. Poi è stata portata nell’Ufficio centrale fermi e arrestati di via Custodi, dov’è stata condotta in una camera di sicurezza. E lì è rimasta con le braccia dietro la schiena per circa un’ora. Bruna risultava collaborativa e in condizioni fisiche critiche, eppure è stata ammanettata in camera di sicurezza con le braccia dietro la schiena per circa un’ora.
Accusati di mentire per nascondere gli atti di violenza
Le magistrate hanno appurato che nella relazione dei vigili ci sono altre falsità. La trans non è stata portata in via Custodi per espletare le formalità di rito, dato che è stata ammanettata e messa in camera di sicurezza. E non è vero che era in stato di agitazione e che rifiutava il dialogo, perché è risultato che era tranquilla e collaborante.
Non finisce qui. Gli agenti hanno impedito a Bruna di pulirsi il viso dal sangue e di alleviare il malessere agli occhi. Quanto al pestaggio, a carico dei vigili ci sono violenti colpi alla testa della donna sbattuta a terra. La quale alzava le mani in segno di resa. Alla fine, le hanno dato un calcio alle gambe. C’è un’altra falsità: i vigili hanno scritto di essere intervenuti in via Giacosa perché la donna stava esibendo le proprie nudità davanti a donne e bambini. Falso anche questo. Si tratta sempre e in ogni caso di accuse: toccherà al giudice verificare ed emettere la sentenza.