Continuano le operazioni di recupero in Libia, dove i corpi dei morti a causa dell’inondazione vengono trovati a 100km dalla costa
Dopo il crollo delle due dighe che erano state costruite per “proteggere la città di Derna”, in Libia si continua a cercare possibili sopravvissuti.
Ma con il passare dei giorni le probabilità di trovare qualcuno ancora vivo sono quasi pari allo zero e all’impressionante numero di morti, superiore i 100.000, si aggiungono ogni ora decine di vittime. Mentre stiamo scrivendo, infatti, le forze di soccorso libiche fanno sapere che le operazioni di recupero vanno avanti, ma si trovano corpi fino a 100km dalla costa.
Sono giorni difficili per la Libia. Giorni in cui il silenzio della devastazione e della morte è solo un breve, ma drammatico, intermezzo che si frappone tra le urla dei soccorritori e delle persone che continuano a cercare possibili sopravvissuti. Ma la realtà delle cose viene raccontata dalla distruzione della città e dal mare, che continua a restituire corpi senza vita. Non sempre è possibile mettersi in mare con le motovedette per cercare i dispersi. Ma quando le onde sono alte, ci pensa la corrente a riversare le vittime sulla spiaggia.
È la stessa Guardia costiera libica, attraverso i racconti di alcuni uomini, a delineare la situazione che si sta vivendo nel Nord Ovest del Paese. Ogni giorno vengono trovati decine di corpi in mare e può capitare, come riferiscono i guardiacoste di trovare corpi senza vita “anche a 100 chilometri dalla nostra costa”. Il bacino del porto di Derna sembra ormai un catino raccoglitore di detriti, imbarcazioni distrutte, automobili e, purtroppo esseri umani che non ce l’hanno fatta. I soccorritori continuano a lavorare senza sosta, pur dovendo fare i conti con la terribile realtà a cui ogni giorno sono messi di fronte. “È un incubo – racconta qualcuno – continuiamo a trovare corpi di bambini e anziani. Si tratta di persone deboli che, probabilmente, non sono riuscite a raggiungere i piani alti delle abitazioni”.
Al momento dell’inondazione, infatti, erano le due di notte. Tutti stavano dormendo e il disastro deve aver colto di sorpresa in molti. La distruzione della diga – sebbene preannunciata da molti studi ed esperti, anche italiani – non sembrava essere una possibilità reale. Ma così non è stato. In tutto questo, l’Italia, come molti atri Paesi, cerca di fare la sua parte. La San Giorgio e la San Marco, due grandi navi della Marina italiana, sono già a largo della costa libica e hanno effettuato le prime consegne di aiuti: tende, materiale di soccorso, coperte e cibo.
Intanto, per la prima volta, anche le forze di Haftar e Sarraj, che da anni si fanno guerra a vicenda per il potere hanno deciso di collaborare. Il dolore e la gravità della devastazione è troppo grande per continuare con i cannoni e i mitra. Una tregua che sembra valere anche per Haftar nei confronti della Turchia, che ha avuto accesso al Paese con le sue unità di soccorso. Ma tutti si chiedono quanto potrà davvero durare.
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