La donna è disperata e lancia una appello con il terrore in gola: “Mi ucciderà”. Il suo stalker, dopo essere stato arrestato, ora è libero ma le ha augurato la morte
Una storia che mette i brividi e che, in chi l’ascolta, fa presagire un finale assolutamente da evitare. La protagonista di questa storia è una donna, Cristina S., che per settimane è stata perseguitata da un uomo, Sukhvinder Singh.
Intervistata da La Repubblica, Cristina ha parlato a cuore aperto, manifestando quella che è la sua reale disperazione a causa di un uomo che, incredibilmente, risulta essere ancora in libertà. Nonostante la denuncia di Cristina, infatti, Singh, un uomo di origini indiane, ha scontato solo un anno e mezzo in prigione e ora è in libertà. Una situazione terribile per la donna, disperata e quasi rassegnata a vivere una vita piena di angosce.
Vivere con la paura di un uomo che, da un momento all’altro, potrebbe farsi trovare sotto casa e fare qualsiasi cosa può logorare l’anima, fino a far presagire il peggio. Cristina non lo nasconde affatto e, a testa bassa, racconta la sua incredibile storia. La donna è proprietaria di un locale a Roma e Sukhvinder era un suo dipendente. Ma l’uomo di origini indiane ha il vizio di bere mentre è al lavoro, il socio di Cristina lo nota e quindi decide di licenziarlo in tronco. Ed è lì che inizia la tortura per Cristina.
Singh decide di contattarla chiamandola e chiedendole di convincere il suo socio a tornare sui suoi passi e farlo riassumere. Tuttavia, il tono delle chiamate cambia rapidamente, e l’uomo inizia a dire che si è innamorato, vuole sposare Cristina, avere dei figli con lei e andare in India insieme.
Al rifiuto della donna, Singh non molla la presa e, anzi, rilancia. Si taglia appositamente e, con il suo sangue, scrive i loro nomi sul muro del palazzo dove abita la donna. Un cuore di sangue: è questo l’inquietante disegno che si trova davanti la donna appena scesa di casa. Da quel momento le chiamate si fanno più intense e Cristina, dopo aver preso coraggio, decide di denunciare. Inizialmente il giudice convalida i domiciliari, ma le telefonate continuano e iniziano a diventare minacciose, fino all’evasione dal domicilio. A quel punto arriva l’arresto e il trasferimento in carcere.
La condanna a un anno e mezzo sembra solo un piccolo buffetto sulla spalla dello stalker. Cristina dice infatti che il tempo sembra essere volato e, dopo lo sconto della pena, tutto ricomincia. Per l’uomo è stato deciso il rimpatrio e viene dunque trasferito in un Cpa, ma è proprio da quella struttura che riprendono le chiamate, questa volta di una violenza inaudita. L’uomo è infuriato per aver passato un anno e mezzo in carcere e ora vuole fargliela pagare. Minaccia di ucciderla, le promette che le taglierà la gola e le spezzerà le mani. Cristina denuncia ancora, ma smette di dormire la notte e non esce più di casa. Vive da sola con sua mamma, anziana, e la spazzatura va a buttarla solo se con lei c’è un vicino, ma intanto cresce la certezza che prima o poi lo stalker verrà da lei.
Sì, perché da un giorno all’altro, racconta il suo avvocato, arriva la notizia informale che Singh è stato liberato dalla struttura mentre attende di essere espulso dall’Italia. Per Cristina tutto questo risuona quasi come una sentenza di morte. Fa impressione come una persona, disperata e ormai arresa, riesca ad accettare un esito drammatico, per quanto ancora ampiamente evitabile. Cristina continua a ripetere di essere sicura che, prima o poi, l’uomo verrà da lei e le darà fuoco. Per questo ha riempito la sua auto di bottiglie d’acqua, in modo da spegnere le fiamme se dovesse succedere davvero. Ma una parte di Cristina riserva ancora una vivida speranza e per questo l’appello al Prefetto, ai Carabinieri, al questore e al governo è una sorta grido disperato di aiuto, ma di una persona che vuole vivere con tutta sé stessa e desidera essere salvata.
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