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Controcultura

Il fondatore della rivista Rolling Stones ha detto delle cose di cui si pentirà per sempre

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Il tribunale penale del politicamente corretto ha emesso l’ennesima sentenza senza appello: non si salva più nessuno, neanche il rock

Il fondatore della rivista Rolling Stones Jann Wenner è stato ghigliottinato, vittima del Terrore. Il politicamente corretto procede senza pietà: giudica, condanna e punisce senza appello. Scusarsi efficacemente, poi, è diventato estremamente difficile. Concedere interviste e rispondere a domande insidiose mantenendo coerenza con se stessi sta diventando impossibile. Si profila all’orizzonte una nuova professione: l’autore di scuse accettabili e convincenti anche per i propri sostenitori.

La gioia di Mick Jagger e Jann Wenner in barca a vela – lintellettualedissidente.it credit New York Times

Un’intervista del New York Times uscita il 15 settembre a firma David Marchese è costata molto cara a Jann Wenner, 77 anni, cofondatore nel 1967 della mitica rivista Rolling Stones. Nel suo ultimo libro The Masters, fresco di stampa, ha ripubblicato le interviste più importanti della sua carriera. Allora il giornalista era lui: di fronte ha avuto Bob Dylan, Mick Jagger, Bono e altri. Compare anche una sua nuova intervista a Bruce Springsteen. Eppure, è tutto razzismo, tutta misoginia.

Se il rock è musica per vecchi razzisti misogini

Sono tutti maschi e tutti bianchi i suoi maestri del rock. Quando David Marchese, che aveva collaborato per un periodo con Rolling Stones, ha chiesto il motivo di una scelta simile, Wenner, pur essendo un democratico liberale, non ha saputo dare risposte ammissibili per la morale pubblica contemporanea. Secondo Wenner, nessuna delle donne e nessuno dei musicisti non bianchi, nemmeno le stelle più luccicanti, era in grado di porsi come interprete della propria generazione e del proprio tempo. E’ questo il nazismo di oggi?

Bob Dylan e Jann Wenner – lintellettualedissidente.it credit New York Times

Ha risposto che nessun altro, al di fuori di quelli che ha intervistato, è stato veramente un master, capace di una conversazione seria e profonda e di un proprio pensiero. Queste affermazioni gli sono costate il posto all’interno del consiglio d’amministrazione della Rock and Roll Hall of Fame. E’ un museo di Cleveland, nell’Ohio, dedicato al genere che ha fatto furore tra anni ’50 e ’60, e che si è posto come nuova musica classica.

Quando Ludwig arrangiava il pop scozzese

Lo sostiene Chuck Berry, uno degli iniziatori del rock, capace di cantare, con un ritmo e un entusiasmo meravigliosi, che era ora di ballare sul cadavere di Beethoven (“roll over Beethoven”). Sicuramente il genio di Bonn gli avrebbe voluto bene, replicando però sfidandolo in concerto, come si usava allora, a Vienna. L’autore della Nona Sinfonia, sottolineiamo, ha arrangiato con gioia una serie di danze popolari scozzesi. Gliel’hanno commissionato, lui ha interrotto la composizione della Missa Solemnis o di un Quartetto d’archi e ha lavorato allegramente sul pop scozzese.

Il museo del rock and roll a Cleveland nell’Ohio- lintellettualedissidente.it Ansafoto

Chuck Berry è stato ovviamente riconosciuto dalla rivista che Jann Wenner ha lasciato nel 2019, ma nemmeno lui, e neanche Stevie Wonder potevano meritare il titolo wenneriano, onorifico, di master.  Jann Wenner fa nomi e cognomi e boccia, nella sua selezione, artisti e artiste di grido. Il motivo è che Grace Slick, Janis Joplin e Joni Mitchell erano prive di una loro filosofia del rock.

Wenner intervista solo i cantautori filosofi

Il New York Times ha pubblicato oltre al testo l’audio dell’intervista: chi non crede ai propri occhi può udire la viva voce di Wenner sostenere un’opinione simile. E’ stato tacciato di razzismo e di misoginia. Rolling Stones negli anni 60 e 70 non prendeva sul serio i musicisti con la pelle scura e le musiciste donne. E questo è davvero sconcertante. L’errore di Wenner è evidente, è grave, però la punizione scatta meccanicamente come la ghigliottina. Una macchina di morte, un congegno perfetto, che in un attimo uccide senza far soffrire, con la massima efficienza.

Wenner nel suo ufficio di San Francisco, nel 1970 – lintellettualedissidente.it credit New York Times

Sarà vero che non tutti i protagonisti del rock, uomini e donne, hanno avuto cultura e originalità di pensiero. Viene comunque da chiedersi come mai Jenner non sia riuscito a sviluppare una conversazione profonda. Forse ha preteso da tutti gli intervistati la stessa abilità linguistica, le stesse qualità, applicando criteri uniformi per divi e dive molto diversi tra loro.

Sono sempre i giornalisti a sbagliare

Sono forme di pensiero anche la danza e la musica, filosofiche a loro volta, purché vengano decifrate. Insomma: il messaggio filosofico della musica si può leggere analizzando le partiture, come fanno alcuni filosofi della musica. Senza che un cantautore debba mettersi in cattedra a spiegare la propria storia. Wenner però ha posto proprio questa domanda: chi tra i rocker ha saputo parlare del rock con una certa profondità? Si può ribattere che un essere umano non può non pensare e che va solo interrogato, ascoltato, interpretato. All’epoca delle interviste selezionate e ripubblicate, però, l’autore usava criteri in voga ai suoi tempi.

Allora sorge la domanda se il cofondatore della mitica rivista sia stato o no un buon giornalista e un onesto pensatore. Vien voglia di leggerlo criticamente. Era davvero prevenuto? E se al contrario ci conquista? E se The Masters è un grande libro sul rock? Nel 2022 lo stesso autore ha pubblicato Like a Rolling Stones, un libro di memorie, il cui titolo evoca l’iconico verso di Bob Dylan. La nuova pubblicazione intanto si è guadagnata un esordio clamoroso. 

Certo sbagliando e venendo regolarmente bastonato, Jenner ha sfondato la soglia d’attenzione delle cronache internazionali. Il suo libro sarà più letto e più meditato, ora che l’autore è diventato vittima a sua volta. Con la speranza che i maestri di pignoleria del politicamente corretto sappiano però scrivere interviste e libri migliori, andando molto oltre la punizione somministrata al razzista misogino di turno.

 

 

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