E’ stato troppo tenero con Joe Biden, pur volendone chiedere l’impeachment. E gli estremisti repubblicani, come promesso, l’hanno sfiduciato.
Gli Stati Uniti sono precipitati nel caos. Il presidente della Camera dei rappresentanti (cioè lo speaker) Kevin McCarrthy, è stato licenziato per effetto della mozione di sfiducia del suo compagno di partito Matt Gaetz. Hanno votato a favore tutti i democratici più otto repubblicani in libera uscita. E così la Camera è sospesa: i lavori saranno fermi finché non sarà trovato l’accordo per eleggere un nuovo speaker.
Non era mai successo in due secoli di storia. E succede proprio ora che l’amministrazione americana deve evitare lo shutdown, ovvero lo stop all’attività degli uffici pubblici per mancanza di fondi, oltre a dover prendere decisioni vitali per il destino dell’Ucraina. Perché una proposta diventi legge, occorrono infatti i voti di entrambe le camere. Se i voti sono contrastanti, una commissione elabora un testo di compromesso, da presentare in entrambe le camere. Per ora, tuttavia, di mediazioni non si parla.
Otto voti hanno bloccato gli Stati Uniti
Il ruolo di speaker, a Washington, è tradizionalmente di parte ma indispensabile: non è paragonabile quindi al ruolo super partes che si richiede in Italia al presidente della Camera, eletto con i due terzi nelle prime tre votazioni, a scrutinio segreto. Negli States lo speaker è eletto con semplice maggioranza e voto nominale. Senza la sua conduzione dei lavori, si ferma tutto. La pur pronunciata partigianeria infatti ha sempre evitato finora il congelamento dell’istituzione.
McCarthy, in carica da gennaio, ha già annunciato che non si ricandiderà più per lo stesso ruolo. Ad interim lo sostituisce Patrick McHenry, suo alleato, solo però per eleggere il successore. E’ stato veramente Trump a ispirare la cacciata di McCarthy o quella pattuglia di otto repubblicani ancora più a destra del tycoon? In un tweet l’ex presidente incoraggia a votare per la continuazione dell’attività del governo e dei suoi uffici, che va finanziata appunto ogni anno e a volte approvando la proposta di legge solo all’ultimo momento, a scopo di ricatto politico.
Chiedere l’impeachment di Biden è troppo poco
McCarthy voleva lanciare la procedura di impeachment contro Joe Biden per i guai giudiziari di suo figlio, per ottenere uno scontro frontale, facendo ugualmente approvare sia i finanziamenti per il governo che gli aiuti militari all’Ucraina. Su questi tre obiettivi (contro Biden, per l’attività degli uffici e l’Ucraina) le divisioni all’interno del gruppo repubblicano sono state diverse: si è litigato inoltre sulla priorità. L’impeachment è impossibile, vista la maggioranza dei democratici al Senato.
Per molti repubblicani MacCarthy voleva solo votare il pacchetto finanziario di Biden, per poi sfidarlo inutilmente sulla richiesta di impeachment. Il risultato è che MacCarthy ha perso la fiducia dei suoi. Trump non ha partecipato alla rissa, ma senza dubbio non accetta di essere il candidato presidente sotto processo contro un candidato democratico senza problemi.
Trump regge le fila senza aver bisogno di proclami
MacCarthy è stato accusato dai suoi per intelligenza con il nemico democratico, eppure di moderazione nel suo curriculum di deputato ce n’è ben poca. Il sostegno del suo partito è un problema che l’ex speaker si trascina dall’inizio. Tant’è vero che è stato eletto soltanto al quindicesimo scrutinio, il 7 gennaio, e solo perché ha accettato una modifica al regolamento della Camera che riconosce il diritto di ogni deputato a presentare un mozione di sfiducia contro lo speaker. La denominazione è significativa: Motion to vacate the chaire, mozione per rendere vacante la presidenza. C’è appunto un gruppetto di estrema destra tra i repubblicani, che rivendica la piena libertà d’azione.
I candidati alla successione sono diversi. Corre fra gli altri il nome di Steve Scalise, già numero due di MacCarthy, di evidente origine italiana. E si sarebbe già attivato per consultare i colleghi di partito, pur essendo in cura per il cancro che l’ha colpito. Nel 2002 prese la parola durante una riunione di un gruppo suprematista bianco. Viene comunque rispettato dai più per aver subito nel 2017 un attentato. Un estremista di sinistra gli sparò durante una partita di baseball e lui è sopravvissuto. Altro nome è Jim Jordan, espressione della minoranza repubblica, quel manipolo di ribelli estremisti di destra che è già riuscito a mettere alla porta uno speaker. Manipolo quanto mai oggi decisivo.