Le indagini sulle cause dell’implosione del sottomarino sono ancora in corso. Ma si può già parlare di tre errori fatali
È passato un mese da quando, il 18 giugno, il Titan fece perdere le sue tracce mentre stava navigando a circa 4000 metri di profondità, dirigendosi verso il relitto del Titanic.
La notizia della sua implosione arrivò 4 giorni dopo, il 22 giugno. Il sottomarino venne distrutto a causa della pressione elevatissima presente a quelle profondità, ma ancora oggi non è ben chiaro nello specifico che cosa sia andato storto, tanto da provocare il disastro. Tuttavia, mentre le indagini sono ancor in corso, si può già parlare di “errori fatali” che hanno contribuito al triste epilogo del sottomarino. Ecco quali sono quei 3 che hanno determinato l’esito che tutti noi conosciamo.
Ad occuparsi del recupero dei resti del sommergibile sono stati gli uomini della Horizon Arctic, compagnia canadese che ha poi trasportato il materiale nel porto di San Juan de Newfoundland, in Canada per analizzarli. Gli investigator al lavoro fanno sapere che ci vorrà ancora un anno e mezzo per capire che cosa è successo davvero e per ricostruire la dinamica esatta dell’incidente. Certo, si ha la certezza che a causare la morte dei cinque passeggeri del Titan sia stata un’implosione, ma ciò che l’ha determinata deve ancora essere chiarito, e non sarà facile.
Alla profondità in cui navigava il sommergibile quel maledetto 18 giugno, circa 3.800 metri, la pressione è di circa 380kg per centimetro quadrato, una vera e propria pressa. Tuttavia, si tratta di numeri normalissimi per coloro che affrontano il mare ogni giorno, così come le imbarcazioni sottomarine, che hanno raggiunto nella storia profondità ben maggiori. Dunque, si può affermare che l’implosione del sottomarino può essere considerato come un episodio piuttosto anomalo. A questo serviranno quindi le indagini approfondite che si stanno svolgendo sull’analisi dei rottami recuperati a poche centinaia di metri dal relitto del Titanic.
Ma una prima risposta può arrivare dall’esame del progetto del sommergibile, oltre al materiale che è stato utilizzato per realizzarlo. Secondo il New York Times, infatti, sarebbero 3 gli errori fatali attuati in fase di progettazione, sperimentazione e realizzazione del sottomarino. Il primo riguarda proprio la forma del Titan. Per stessa ammissione di Stockton Rush, amministratore delegato di OceanGate – morto anche lui nell’implosione – non erano stati seguiti tutti i processi di verifica previsti. I sommergibilihanno solitamente una struttura sferica, dov’è presente l’equipaggio, in modo da distribuire la pressione in maniera uniforme. Il Titan, invece, si presentava con una forma più allungata. Questo permetteva una peggior distribuzione della pressione, ma la possibilità di avere un maggior numero di persone al suo interno.
Non solo la forma del sottomarino. Un altro errore di chi ha progettato il Titan è quello relativo al materiale utilizzato. Sempre secondo quanto riporta il News York Times, infatti, a contribuire all’implosione del sottomarino potrebbero essere stati i materiali scelti per la sua realizzazione. Gran parte dello scafo, infatti, è stato costruito in fibra di carbonio. Si tratta di un materiale particolarmente resistente alle forze di trazione, ma si rivela meno efficace nel contrasto alla compressione.
I progetti standard dei sommergibili, infatti, prevedono l’utilizzo di titanio per realizzare i batiscafi. Questo materiale risulta essere molto più resistente del carbonio, ma anche più costoso. Dietro questa scelta potrebbe esserci quindi una ricerca del risparmio ma ancora da confermare. Alcune parti dello scafo del Titan, però, erano state realizzate in titanio; tuttavia, questa scelta per il New York Times rappresenterebbe il terzo errore fatale. Sottoposti alle stesse forze, materiali diversi si trasformano in modalità differenti, in quanto tutte rispondono alle forze della pressione. Dunque, tra le possibili concause del disastro potrebbe rientrare anche questo elemento, tutt’altro che secondario.
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