Dopo il funerale segreto di martedì, solo pochi possono avvicinarsi alla tomba dello chef. In un video sembra dirci per quale motivo.
Il Cremlino ha voluto evitare, a tutti i costi, che il funerale dello chef si trasformasse in una manifestazione spontanea troppo evidente e politicamente fastidiosa. Lo ha notato Farida Rustamova, giornalista russa indipendente, citata dal New York Times. Sì, Yevgeny Prigozhin preoccupa ancora il presidente Vladimir Putin, perché da morto come da vivo è ingestibile.
Può essere infatti ancora un problema per le autorità russe la popolarità dell’imprevedibile chef, dalla vita quanto mai misteriosa e sorprendente, detentore di un patrimonio personale di cui nulla si sa di preciso. Qualcuno potrebbe ancora agire in suo nome, forse col suo nome. Come se si aggirasse un fantasma per effetto di una cattiva sepoltura.
Le esequie si sono tenute martedì alle 13 nel cimitero di Porokhovskoye, che si trova nella zona orientale di San Pietroburgo. Si è saputo della sepoltura, però, soltanto alle 17. Nessuno, che non fosse stato autorizzato in forma del tutto riservata, ha potuto dunque vedere che cosa c’è in quella bara circondata dai fiori. E’ stato comunicato che l’esame del Dna ha confermato l’identità di Prigozhin, senza però alcuna trasparenza.
E ancora una volta nessuna conferma indipendente. Dunque, il funerale di Yevgeny Prigozhin è stato talmente avvolto dalla nebbia della disinformazione, che l’effettivo funerale, svoltosi segretamente, è stato definito “operazione funeraria speciale”. Preceduta da una nebbia di notizie false, su carri funebri in movimento e cortei che non c’erano in altri cimiteri, mentre a Porokhovskoye si teneva la cerimonia invisibile.
In questa battuta dei wagneriani c’è dell’umorismo noir, per il gusto far satira sul modo di agire del Cremlino, sempre misterioso e tetro, e per rilanciare lo stile dissacrante dello chef. Guascone, scorretto, anche cialtrone, ma quanto mai brillante e decisivo. Amava farsi sostituire da dei sosia con le sue stesse generalità, rendere indecifrabili i suoi spostamenti e usare passaporti falsi, parrucche e barbe finte.
Come ne sono state trovate in casa sua dalla polizia, durante la perquisizione dei primi di luglio, poco la “marcia della giustizia”. E così è stato anche in morte. Al funerale si dice che sia stata presente la moglie di uno dei suoi sosia, ma non il sosia, come se si volesse far credere che nella bara c’era il sosia.
Ci si ricorda che quattro anni fa lo chef era stato dato per morto in un incidente aereo in Africa, salvo poi rispuntare tre giorni dopo, vivo e vegeto. Questa volta riappare soltanto in un video girato in Africa, in cui indica la data, precedente di pochi giorni il disastro di Tver. E dichiara, quanto alle voci sulla sua presunta morte, che sono false e che lui effettivamente sta bene.
Intanto, il cimitero che ne ospita la salma, è guardato a vista da un fitto cordone di poliziotti, che impedisce fisicamente di salire oltre il muro di cinta. Ogni ingresso è sorvegliato da agenti con i cani. Soltanto il funerale di Chekalov, il responsabile logistico della Wagner, si è potuto svolgere pubblicamente, con la folla al seguito.
La stessa poesia del poeta pietroburghese Josif Brodsky, che è stata apposta sulla tomba, è particolarmente suggestiva ed enigmatica. Il titolo è “Natura morta”: si tratta di un dialogo fra Gesù che sta morendo in croce e Maria. La madre chiede se è ancora vivo e Gesù risponde: “Morto o vivo / Non c’è differenza, donna / Figlio o Dio, sono tuo”.
Si allude così a una condizione oltre la vita, che in questi giorni si può adattare all’alone di leggenda che circonda la figura di Prigozhin, nella quale molti russi si riconoscono più intimamente che in Vladimir Putin. Josif Brodsky, merita ricordarlo, morì nel 1972, esiliato dall’Unione sovietica. Altro particolare che fa pensare. Così come il paragone che i wagneriani spesso fanno con l’omicidio di J.F. Kennedy.
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