La Repubblica islamica si affida ai giovani, nella speranza di arruolare nuovi soldati desiderosi di battersi in difesa del popolo palestinese
Ci sarebbero tre milioni di volontari pronti a partire dall’Iran per battersi contro Israele, allo scopo di difendere il popolo palestinese. L’indignazione popolare è quanto mai accesa nei confronti dello Stato ebraico, eppure la campagna d’arruolamento ha minor successo di quanto il regime di Teheran si aspettasse. La Repubblica islamica ha perso popolarità: è un dato di fatto, dopo le morti di Mahsa Amini e di Armita Geravand. Le ha uccise la polizia morale, solo perché non si coprivano il capo nel modo prescritto.
Le proteste di piazza contro l’esasperata repressione delle libertà delle donne durano da mesi, con ampio consenso dell’opinione pubblica dei Paesi occidentali. C’è scontento fra la popolazione, tuttavia, per un motivo in particolare: la crisi economica peggiorata dai sacrifici imposti dalle guerre, considerati i costi delle operazioni in Siria e in Libano. Pesano poi sul bilancio iraniano i sussidi inviati ad Hamas. Secondo il rapporto nazionale del dipartimento degli Stati Uniti sul terrorismo in Iran, nel 2020 il regime iraniano ha inviato circa 100 milioni di dollari ai gruppo terroristici palestinesi, compresi Hamas, la Jihad e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina.
Popolazione povera incitata a combattere contro Israele
Occorre tener conto, infine, delle sofferenze causate dalla lunga guerra contro l’Iraq (1980-88) conclusasi con un nulla di fatto, che pesano ancora sugli iraniani. Il desiderio di un nuovo conflitto armato è quindi basso tra la popolazione adulta e anziana. Il governo di Teheran, a causa della crisi che mette in difficoltà la popolazione, non può di conseguenza permettersi una guerra condotta direttamente contro Israele.
Secondo gli analisti, il Pil scenderebbe del 30% e la stessa struttura della Repubblica islamica crollerebbe. Prospettiva inaccettabile, per Teheran. Nel frattempo però i cittadini fanno la fila per comprare carne di pollo, mentre le opportunità di aprire attività produttive sono molto limitate. La soglia di povertà si aggira sui 340 dollari: nella moneta locale, fanno 150 milioni di rial. E una gran parte della popolazione ha reddito di poco superiore. L’inflazione arriva al 45%. L’assistenza sanitaria e sociale, inoltre, è molto ridotta.
Teheran investe sulle forze armate in tempo di crisi
Il governo del presidente Ebrahim Raisi è intransigente, severamente conservatore e vicino alla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Eppure, oltre all’escalation, cerca una soluzione diplomatica con il linguaggio assertivo che lo contraddistingue. La campagna d’arruolamento prende le mosse dalla forte reazione emotiva degli abitanti, alla notizia che nell’ultima primavera, la polizia israeliana ha fatto irruzione nella moschea al-Aqsa, a Gerusalemme.
Se una guerra direttamente contro Israele è impossibile, ogni governo di schietta impronta islamica reagirebbe almeno diplomaticamente. Teheran punta sulla sensibilità e sull’entusiasmo delle giovani generazioni, che non hanno patito i dolori della guerra contro l’Iraq. Sui manifesti, infatti, al posto dello zio Tom c’è un ragazzino sullo sfondo della moschea al-Aqsa, dalla cupola dorata.
Quell’aggressione all’interno della moschea al-Aqsa
In aprile la polizia israeliana ha fatto irruzione proprio in Al-Aqsa a Gerusalemme, moschea di grande importanza simbolica, per malmenare decine di palestinesi devoti che seguivano i riti del Ramadan. Gli agenti hanno sparato proiettili di gomma e granate stordenti, e picchiato i fedeli con manganelli e calci di fucile. Sei persone sono rimaste ferite e sono state soccorse dalla Mezzaluna Rossa Palestinese.
Intanto oltre 400 musulmani sono stati arrestati dalla polizia israeliana. Il motivo è che nelle vicinanze gli ebrei ultraortodossi celebravano la loro Pasqua e non volevano tollerare la vicinanza dei fedeli musulmani. La risposta palestinese a questi atti di violenza è stata l’attacco del 7 ottobre, che infatti ha preso il nome di offensiva al-Aqsa. La spirale di violenza non si è sinora fermata. La comunità internazionale teme che l’allargamento del conflitto arrivi a coinvolgere proprio l’Iran, con un serio pericolo di innescare la terza guerra mondiale. E il 27 ottobre l’esercito iraniano ha annunciato l’inizio di una massiccia esercitazione militare nella regione centrale del Paese per valutare le capacità di combattimento e testare nuovi armamenti.