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“Prigozhin ed i suoi credevano che a Putin bastasse un colloquio per archiviare la marcia su Mosca”

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Gianluca Merla

Una convinzione basata forse sull’eccessiva fiducia. Ma Prigozhin e i suoi hanno sottovalutato le reali intenzioni di Putin

Da una parte un uomo giudicato un vero e proprio macellaio di esseri umani, capo di una delle più efferate brigate militari del mondo, la Wagner. Dall’altra, l’uomo più potente dl pianeta, ricercato dal Tribunale Internazionale dell’aia e già accusato di essere mandante di numerosi omicidi.

Le convinzioni di Prigozhin
Prigozhin era convinto che il colloquio con Putin sarebbe stato sufficiente per chiarire le sue posizioni (credits foto: Ansa) – L’intellettualedissidente.it

Uno scontro verbale, prima, e in armi, poi, tra queste due figure non poteva che finire nel sangue. E così è stato. La morte di Prigozhin, ha rivelato quanto siano sottili i rapporti di forza in Russia – soprattutto negli ultimi tempi – ma ha anche dimostrato che in queste situazioni chi commette il primo errore potrebbe pagare tutto con la propria vita. Prigozhin e i suoi, infatti, erano convinti che a Putin sarebbe bastato un colloquio per archiviare la marcia su Mosca, ma così non è stato.

Ecco perché Prigozhin e i suoi hanno sottovalutato Putin

Ciò che sta accadendo in Russia è un po’ il riflesso della delicata situazione politica e militare che si sta vivendo nel Paese degli zar. Tensioni che vengono ben mascherate dalla propaganda e dal filtraggio delle notizie da parte del regime, ma che si manifestano in tutta la loro forza quando accadono episodi come l’uccisione di Prigozhin. Il rovesciamento di fronte a cui si è assistito è stato letteralmente sconvolgente. Se solo alcune settimane fa “il cuoco di Putin” a capo della Wagner, sembrava sul punto di prendere Mosca e, di fatto, conquistare il potere assoluto, ora di lui resta solo un corpo martoriato dall’esplosione mortale che ha coinvolto il suo aereo, dove si trovava insieme ai vertici Wagner.

Le convinzioni di Prigozhin
Un membro della Wagner rimasto anonimo ha rivelato l’eccessiva sicurezza che aveva Prigozhin (Credits foto: Ansa) – L’intellettualedissiddente.it

Un finale degno di un film di spionaggio e intrighi politici ma che, proprio perché prevedibile, ha lasciato di stucco la maggior parte degli osservatori ed esperti. Perché viaggiare tutti insieme su un aereo in territorio ormai considerato “nemico”? Lasciando da parte le teorie complottiste non ancora verificate – secondo cui Prigozhin non sarebbe morto – la spiegazione di questa esposizione al pericolo del capo della Wagner sta probabilmente nella sua eccessiva fiducia. Ad ammetterlo è stato uno dei militari del gruppo mercenario che, riferendo al sito indipendente Meduza, ha parlato di quello che è stato l’incontro successivo al Golpe tra Prigozhin e Putin.

Secondo l’indiscrezione, quello tra il presidente russo e “il suo chef” sarebbe stato un meeting piuttosto teso, in cui Putin avrebbe strigliato per circa tre ore Prigozhin e i vertici Wagner. L’accusa di tradimento e le bocche cucite da parte dei golpisti sarebbe stata la scena cardine del confronto. Una furia che però si sarebbe conclusa con la “liberazione” dei mercenari e dei loro capi. È in questo momento che, secondo quanto riferito dal membro del gruppo, Prigozhin avrebbe iniziato a fare male i suoi calcoli. Il capo della Wagner sarebbe uscito da quell’incontro sicuro che il peggio fosse passato: Putin non li aveva uccisi e, secondo la sua interpretazione, questo significava che sarebbero rimasti in vita.

“Pensava di essere immortale”. Ma poi l’esplosione

Forse è un sintomo comune di molte persone che hanno visto in faccia la morte e che hanno fatto della guerra il loro principale scopo di vita. Sarà stato così anche per Prigozhin, ormai autoconvinto di essere “immortale”, come riferisce la fonte di Meduza. Evidentemente il  capo della Wagner, insieme ai suoi fidati, riteneva di non poter essere sostituto e di avere un valore troppo prezioso per poter morire.

Un’eccessiva fiducia che ha portato tutti vertici della Wagner a viaggiare sullo stesso aereo, in barba  ogni misura di sicurezza, offrendo la loro vita su un piatto d’argento. Chissà da quanto erano nel mirino del Cremlino, evidentemente senza nemmeno saperlo e sicuri della loro insostituibilità. Talmente insostituibili che, secondo Igor Sushko, analista politico a stretto contatto con i servizi segreti russi, il Cremlino avrebbe già deciso il successore di Prigozhin. Si tratta di Viktor Bout, recente protagonista di uno scambio di prigionieri tra Usa e Russia e condannato a 25 anni dal tribunale americano per commercio illegale di armi. Nel 2010 Michael Braun, ex capo Dea si espresso su Bout giudicandolo “uno degli uomini più pericolosi sulla faccia della Terra”. Ecco, forse Prigozhin pensava di essere il più pericoloso, ma Putin non era dello stesso avviso.

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