Le condizioni dei migranti deportati peggiorano progressivamente: mamma e figlia sono state ritrovate morte nel deserto.
Si inaspriscono progressivamente le violenze ai danni dei migranti subsahariani all’interno del territorio tunisino. Nella prima settimana di luglio, una serie di risse ha causato la morte del tunisino Nizar Amri. L’assassinio del 42enne, ucciso a coltellate, è stata attribuita successivamente ai subsahariani. Le autorità hanno dunque messo in atto una vera e propria politica di discriminazione e deportazione. Oltre 1.200 persone sono state condotte in prossimità del confine libico, abbandonati al caldo estremo del deserto senza cibo, né acqua.
L’associazione umanitaria Medici del Mondo ha chiesto immediatamente l’intervento dei tunisini stessi, invitati a recuperare i migranti in difficoltà. Grazie all’intervento dell’Ong, 630 persone sono scampate ad un tragico destino. Nonostante la richiesta di soccorso, moltissimi subsahariani continuano a morire di stenti e sete, disidratati dalle temperature torride che hanno invaso la nazione. Il 25 luglio il Ministro dell’Interno libico Emad Al-Trabelsi ha confermato il ritrovamento di cinque cadaveri, rivenuti proprio al confine con la Tunisia.
La Libia impedisce alle vittime della politica razziale di entrare nel territorio, obbligando i migranti ad un limbo fatale tra le due frontiere. Le autorità libiche hanno però inviato viveri e acqua ai subsahariani imprigionati nel deserto, in modo da sopperire temporaneamente alla mancanza di un’azione di soccorso immediata. Tra i morti, anche una mamma e sua figlia: i corpi delle due sono stati ritrovati senza vita in prossimità del confine libico.
Mamma e figlia morte di stenti e sete, vittime della politica razziale tunisina
Un giornalista immortala la tragedia e decide di diffondere lo scatto grazie alla mediazione della Refugees in Lybia. I corpi di Dosso Fati e della piccola Marie sono stati rinvenuti al confine tra Tunisia e Libia. Le cause del decesso sono evidenti: le due sono morte a causa delle condizioni di vita estreme, vittime delle recenti politiche razziali tunisine. Fati aveva appena 30 anni ed era originaria della Costa D’Avorio. Nata nel piccolo paesino di Man, si era poi trasferita in Libia insieme al marito Meengue Nymbilo Crepin, anche lui 30enne. La coppia ha poi concepito una bambina, la piccola Marie.
La famiglia è stata deportata come tutti gli altri migranti subsahariani ed abbandonata nel deserto. Il padre di Marie risulta al momento disperso, mentre Fati e la piccola sono state ritrovate pochi giorni fa. I corpi, coperti dalla sabbia, rappresentano chiaramente una tragica conseguenza delle politiche anti-migranti. “Sono morte di sete e di stenti prima di poter realizzare il loro sogno di un futuro migliore” – si legge sulla pagina Facebook ufficiale della rete Refugees in Lybia – “Oggi non piangiamo solo Dosso e Marie, ma una moltitudine di anime senza volti, un mondo senza fine, vittime di un mondo che li ha delusi”.