L’Ucraina si sta giocando le ultime carte per convincere gli alleati di potersi riprendere la penisola sul mar Nero. Il tempo sta per scadere
Di controffensiva dell’Ucraina si parla da un anno o forse più, senza che nulla sia sostanzialmente cambiato sul teatro di guerra. Uno degli effetti è stato semmai il facile smascheramento di un apparato propagandistico senza pari, e con pochi scrupoli. Conquistare la Crimea sarebbe determinante, perché la penisola viene usata dalla Russia come base logistica, dove sono state collocate truppe, strutture e mezzi militari.
Distruggere i collegamenti tra la Crimea e la Russia equivarrebbe a isolare le forze d’occupazione del territorio ucraino meridionale. Tutt’altro che facile, ma Kiev deve compiere il tentativo sul quale ha impegnato le proprie risorse diplomatiche. Ha creato per questo la “Piattaforma Crimea”, un programma di investimenti cui ha chiamato in agosto gli alleati occidentali per lo sviluppo della penisola nel futuro tempo di pace. Grandi promesse e grandi programmi, giustificati dall’invidiabile collocazione geopolitica della Crimea, non per i risultati bellici conseguiti finora.
L’esercito russo accede alla Crimea via terra in due punti. A Nord, percorrendo la strada europea 105, che da Melitopol giunge nella penisola. E a Est, attraverso il ponte di Kerch, più volte colpito e rapidamente riparato. Gli attacchi ucraini, tutti a distanza, combinando missili a lungo raggio e droni, si stanno intensificando da fine agosto per frequenza e potenza.
Nella seconda decade di settembre Kiev ha ottenuto diversi successi, al punto da distruggere due sistemi missilistici collocati in Crimea. La Russia, secondo le stime, nella penisola ne aveva sei ed è comunque in grado di rimpiazzarli. Sono state colpite, poi, due nave militari e un sottomarino nel porto di Sebastopoli, tradizionale base navale russa. Gli attacchi hanno riguardato anche le basi di trasmissione del gas e del petrolio sul Mar Nero.
L’Ucraina ha annunciato di averne conquistate diverse, che sarebbero state usate come basi di lancio dei missili russi. In questo caso, come spesso succede, non ci sono foto né altra documentazione e nemmeno una conferma indipendente dell’accaduto. Fra agosto e settembre sono state abbattuti infine depositi di petrolio e basi radar, sì, ma in un contesto che non è mutato.
Mercoledì 22 un missile ha centrato una sede della Marina russa a Sebastopoli, dove si sono contati 15 feriti. Un obiettivo simbolico e non solo, dato che si tratta del centro direzionale della flotta russa nel Mar Nero. Si sono registrate interruzioni della linea internet. L’effetto di queste aggressioni missilistiche è che l’esercito russo, com’è stato notato, nei giorni scorsi si è mosso più lentamente del solito. E nulla più.
E’ un vantaggio, per Kiev, ma non tale da provocare la ritirata avversaria. Per concretizzare l’opportunità, l’Ucraina avrebbe bisogno di compiere incursioni avanzando con le proprie truppe. Gli Stati Uniti hanno confermato che consegneranno fra pochi giorni alcuni carri armati Leopard e anche alcuni missili Atacms, senza precisare quando. Il presidente Joe Biden ha opposto diniego, senza togliere del tutto la questione dal tavolo.
Il quotidiano britannico Telegraph, nelle stesse ore di mercoledì 22, ha pubblicato dei video che mostrano dei mezzi corazzati di Kiev che oltrepassano, per la prima volta, nella regione di Zaporizhzhia, la prima linea della difesa Surovikin. Episodi rilevanti che rischiano tuttavia di restare isolati, anche se vengono raccontati come grandi vittorie d’importanza strategica. Nello stesso tempo la Russia contrattacca a Kupyansk nella regione di Kharkiv, con un missile che uccide sei civili.
E’ stato osservato che in un comunicato del 16 settembre per la prima volta il presidente Zelensky parla di una possibile conquista dell’Ucraina senza bisogno di interventi militari. La speranza di Kiev è infatti riuscire a dimostrare che la Russia non è in grado di garantire sicurezza alla penisola e alla sua popolazione. In tal modo, sarebbe più facile per Kiev, in sede di trattativa di pace, riprendersi la Crimea.
Occorrerebbe però un massiccio impegno dell’Occidente. Per ottenerlo, vengono diramati comunicati dal sapore prettamente motivazionale. Ad esempio in un articolo del Kiev Post viene citata l’intercettazione di una telefonata di un soldato russo, in allarme perché avrebbe visto 150mila soldati ucraini avanzare. Non ci sono controprove.
Il presidente polacco Duda si unisce a Zelensky nella richiesta di smilitarizzare la Crimea. Gli altri alleati invece tacciono. Il Cremlino dal proprio canto ha commentato che le frizioni fra gli Stati occidentali sono destinate ad aumentare. La ragione è che gli Stati Uniti hanno iniziato una lunga e progressiva fase di disimpegno dalla guerra, in vista delle elezioni presidenziali del 2024.
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