Tra Russia e Ucraina la conflittualità non trova alcuna via d’uscita. Le Chiese cristiane collaborano per ottenere un primo cessate il fuoco.
Critiche contro papa Francesco se ne sono sentite parecchie, addirittura alcuni ultra-conservatori lo considerano un pericolo per l’esistenza stessa della Chiesa. Sarebbe troppo moderno. Filo-russo, però, è un appellativo molto raro nei confronti del pontefice di Roma. E’ in ogni caso un capo di Stato, e quindi a maggior ragione passibile di critica e dissenso in un dibattito aperto e vario.
Il consigliere del presidente ucraino Zelensky, cioè Mikhail Podolyak, in una dichiarazione dell’8 settembre tratta peraltro il papa come un politico fra i tanti, che cercando la grande ribalta, si propongono per missioni molto più grandi di loro. Non può fare il mediatore tra l’Ucraina e la Russia, ha sentenziato Podolyak, perché è filo-russo. Visto da Kiev, durante la guerra, il leader della Chiesa cattolica sarebbe solo un opportunista, che finge di essere sopra le parti per poi furbescamente sostenere la causa del Cremlino.
Tutti coloro che sostengono la missione del cardinale Zuppi, in avanscoperta diplomatica, nella speranza che la guerra finisse, dunque subiscono una delusione. Credevano che Jorge Mario Bergoglio si sarebbe poi affiancato al cardinale di Bologna; al contrario è stata Kiev a opporsi all’inizio di una trattativa di pace. Podolyak, poi, è stato in grado di insistere, aggiungendo un affondo sugli investimenti che la Russia starebbe facendo nella banca vaticana. Per lui sarebbe il caso di analizzare nel dettaglio alcune di queste scelte finanziarie.
L’uscita del consigliere di Zelensky rappresenta una delle fasi più critiche dei rapporti fra la Chiesa cattolica e l’Ucraina. Nei giorni precedenti, alcune dichiarazioni del papa erano state vivacemente contestate da Kiev. Bergoglio in realtà, rivolgendosi ai giovani russi, ha raccomandato loro di prendere l’eredità della grande Russia settecentesca di Pietro il Grande e Caterina II. Ha esaltato la cultura russa, constatando un dato di fatto storico, non l’imperialismo, come ha poi precisato, il 3 settembre, nel viaggio in aereo di ritorno dalla Mongolia. Purtroppo, l’Ucraina tiene un atteggiamento aggressivo verso tutto ciò che sia russo, compresa la cultura che di imperialistico non ha nulla.
La prospettiva futura è tuttavia senza via d’uscita. Si teme da più parti che la conflittualità tra Ucraina e Russia tenda all’infinito senza alcun vantaggio per nessuno, e anzi con gravi danni per la popolazione coinvolta. Solo il 13 settembre è sopraggiunto da Kiev un cambiamento di rotta. L’arcivescovo della chiesa greco-cattolica Sviatoslav Shevchuk è intervenuto con una dichiarazione che riapre la possibilità di una mediazione del papa, nel tentativo di ottenere il cessate il fuoco. L’arcivescovo si trovava a Roma, dove ha concluso il suo Sinodo annuale e per l’occasione ha incontrato i giornalisti nel Pontificio Collegio ucraino della capitale.
Lette sui giornali le parole di Podolyak, l’arcivescovo riferisce di aver contattato gli ambasciatori ucraini a Roma e al Vaticano per un chiarimento. Ha chiesto loro se Podolyak avesse parlato a nome del governo o solo a titolo personale. Ebbene, si è trattato di un’opinione personale, dettata dal fatto che la popolarità di Bergoglio in Ucraina è ai minimi storici, al 6 se non al 3%, benché fosse altissima prima della guerra. Podolyak avrebbe quindi cercato di assecondare la tendenza prevalente nell’opinione pubblica. La conseguenza però, seguendo questa linea, è che il papa dimostri la sua vicinanza alle sofferenze del popolo ucraino. Obiettivo che potrebbe tradursi in un viaggio a Kiev, come ha fatto il cardinale Matteo Maria Zuppi. Poi, la decisione eventuale di affidare a Bergoglio la mediazione con la Russia spetterà al governo di Kiev.
Impegno tutt’altro che facile. Intanto i vescovi ucraini hanno consegnato al cardinale bolognese un elenco dei connazionali civili sequestrati dai Russia. La procedura per liberarli è ignota: si procede a vista. Tra loro, ci sono due sacerdoti redentoristi portati via dai soldati russi durante l’invasione del Donbass, lo scorso novembre. Le ultime notizie li davano in carcere, assieme ad altri prigionieri. Poi, si sono perse le loro tracce.
Quanto al viaggio di Zuppi in Cina, l’arcivescovo Schevchuk si mostra alquanto ottimista. Pechino infatti si dichiara disposta, come da sempre, a discutere della pace. Poco chiaro semmai è ciò che la Cina intende per pace. L’arcivescovo auspica comunque che una delegazione cinese partecipi ai colloqui per la pace, durante i quali la collaborazione tra le chiese cristiane propone di svolgere una funzione fondamentale. Il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov, infine, ha annunciato il via libera per il viaggio dell’inviato del papa a Mosca.
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