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Israele, ora ogni scelta è un rischio

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Paolo Zignani

Israele è sotto scacco e senza via d’uscita, come mai era successo prima. E’ legittimata infatti a invadere Gaza, ma non ha alcuna strategia.

Israele, dopo feroce attacco subito il 7 ottobre da parte di Hamas, appare in trappola. Sul diritto a reagire per mezzo delle forze armate, il consenso della comunità internazionale è stato dichiarato subito, senza condizioni. L’invasione, però, è stata continuamente rimandata, fino a questi giorni, senza mai apparire risolutiva. Per la sua collocazione geografica, lo Stato ebraico può permettersi soltanto una guerra lampo. Senza quindi lasciare il tempo al mondo arabo di unire le forze. Il successo militare di Israele, in passato, è stato reso possibile da forze armate talmente soverchianti da poter schiacciare rapidamente il nemico.

Israele, ora ogni scelta è un rischio
Gaza sotto gli attacchi aerei di Israele – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Ora però questo schema non è attuabile e, quel che è peggio, Israele è palesemente priva di un piano. Non solo: è oltretutto impossibile capire che cosa succederà dopo lo scontro militare all’interno della Striscia di Gaza. Quali accordi ci potranno essere? Come saranno regolati i rapporti civili, quali diritti saranno riconosciuti alla popolazione palestinese? Che pace è possibile, se queste sono le premesse, caratterizzate da assoluta incompatibilità fra le due parti?

Si è aperto un conflitto totale, di cui non si vedono i limiti

E fino a quando Israele potrà rimandare l’assalto, senza passare dalla parte del torto? Il quotidiano The Economist ha definito finestra di legittimità il tempo utile per una reazione appropriata al danno ricevuto con il beneplacito incondizionato del resto del mondo. Il dato di fatto, però, è che sembra impossibile ripristinare i rapporti di forza tra palestinesi e Israele. Lo Stato ebraico sopravvive se incute timore ai Paesi arabi, ora però per tornare a far paura Tel Aviv dovrebbe punire Hamas tanto gravemente da rinunciare a salvare gli ostaggi che si trovano nella Striscia. Anzi, il rischio è di commettere crimini di guerra insopportabili per la stessa opinione pubblica occidentale.

Israele, ora ogni scelta è un rischio
Folla oceanica a Islamabad, Pakistan, per la Palestina – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Pur rinchiuso nella Striscia, da molti anni ridotta a un immenso campo di concentramento, Hamas sta dimostrando di detenere il controllo, mentre lo Stato ebraico appare completamente disorientato e incapace di dare un senso a una pur legittima reazione. Lo dimostrano le piazze di tutto il mondo, che offrono solidarietà alla popolazione palestinese, costretta da parecchi anni a vivere tra muri, terrorismo ed esercito, senza poter godere di un’effettiva libertà. La storia di oppressione, che Israele esercita sui palestinesi, grava sul momento presente, in cui lo Stato ebraico lamenta il barbaro attacco del 7 ottobre.

La difficile speranza di riuscire a salvare ostaggi innocenti

Così, da due settimane la popolazione viene sottoposta a sanguinosi bombardamenti preparatori di non si sa quale piano strategico. Bisogna ormai tener conto di una possibilità orribile, ovvero che non ci sia più differenza tra un possibile genocidio palestinese e una risposta militare. E’ urgente che Israele dia razionalità al proprio intervento, in modo che abbia un significato comprensibile e possa ripristinare, con inevitabile grande sofferenza, un sia pur precario equilibrio.

Israele, ora ogni scelta è un rischio
Manifestazione ad Atene per la liberazione degli ostaggi israeliani – lintellettualedissidente.it Ansafoto

L’ipotesi migliore, oggi, è che ci sia una trattativa in corso con Hamas per rilasciare gli ostaggi, e quindi gli attacchi aerei siano una forma di pressione su Hamas. Certo gli Stati Uniti, constatando l’enorme contraddizione in cui si trova Israele, un tempo molto più efficiente, hanno di conseguenza frenato l’invasione e, per la prima volta, hanno inserito dei propri uomini nel comando dell’esercito israeliano. Il presidente Joe Biden ha avvisato Netanyahu di non commettere gli stessi errori commessi dagli americani dopo l’11 settembre 2001.

L’alleato americano modera Tel Aviv ma può intervenire

La presenza armata degli Stati Uniti è comunque molto rilevante in Medio Oriente, come non si vedeva dal tempo della guerra contro l’Iraq. Tra Mediterraneo e Mar Rosso, ci sono aerei da combattimento, portaerei e missili in abbondanza, oltre a 5mila marines pronti a intervenire, con i quali gli americani possono dare protezione alle proprie basi e ai propri alleati di tutta la regione mediorientale.

Il timore dunque è che Israele agisca in modo dissennato, senza proporzionalità con il grave danno subito e senza una logica, al punto da provocare una terribile guerra in tutto il Medio Oriente. Sono in corso inoltre gravi contrasti tra i generali dell’esercito e il premier Netanyahu e anche all’interno della compagine di governo.

Netanyahu assediato dagli alleati di governo e dai generali

Il premier non si è ancora preso la responsabilità per non aver saputo prevedere l’assalto del 7 ottobre. Lo farà, come ha dichiarato, solo dopo la fine del conflitto. Il ministro della Difesa Avigdor Lieberman, che fa parte della maggioranza ed è alleato di Benjamin Netanyahu da molti anni, ha fatto sapere di aver informato sin dal 1916 il consiglio dei ministri sulla possibilità di un attacco di Hamas come quello dello scorso 7 ottobre. Allora, come ha dichiarato Lieberman, non è stato preso sul serio dallo stesso primo ministro.

Netanyahu, da quanto trapela, darebbe ai generali la responsabilità di non aver saputo prevedere l’attacco del 7 ottobre, venendo da loro accusato della stessa colpa e, per di più, di non aver saputo spiegare che cosa fare nei giorni successivi, pur essendo a capo del governo, oltre a non aver dato alle forze armate l’organizzazione necessaria. I soldati infatti si trovavano schierati soprattutto in Cisgiordania e in numero troppo ridotto ai confini con Gaza.

La Striscia di Gaza si è trasformata in un inferno

A questo punto lo Stato ebraico rischia di invadere Gaza senza una strategia veramente vincente. Le vittime potrebbero essere troppo numerose, anche tra i militari. Occorre considerare, come ha avvertito la stampa internazionale, che potrebbe andar peggio che a Mosul e Falluja. A Gaza c’è una popolazione giovane e arrabbiata, difficile da prevedere. Si vuole rischiare una strage di ragazzi palestinesi? Ammesso che Israele prevalga chiaramente e riesca a eliminare tutti gli uomini di Hamas, che ne sarà della popolazione non belligerante? E degli ostaggi?

Intanto, a Gaza, la crisi umanitaria è esplosa. L’ordine pubblico è saltato. Non c’è più acqua potabile, non ci sono generi alimentari sufficienti. Vengono assaliti dagli abitanti i magazzini di cibo. Arrivano alcuni aiuti umanitari, ma insufficienti, così come non basta l’aumento dell’erogazione d’acqua potabile da parte di Israele, che per di più ha tolto l’energia elettrica agli ospedali. La crisi mediorientale forse non è mai apparsa così esplosiva, considerata l’ostilità dell’Iran verso Israele, i rapporti di amicizia tra Iran e Hamas e anche l’atteggiamento della Turchia, comprensiva con Hamas. E si aggiunge il legame di Hezbollah con la Palestina. Benjamin Netanyahu, da parte propria, cerca di ricucire i rapporti con l’esercito, scusandosi per un post poi cancellato, nel quale criticava i generali e i servizi segreti.

 

 

 

 

 

 

 

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