Le ostilità in Medio Oriente sono scoppiate con violenza inattesa, ponendo fine al percorso di pace iniziato da anni, vicino alla conclusione
Sembrava che i patti di Abramo, avviati dagli Stati Uniti negli anni di Donald Trump presidente, Arabia Saudita e Israele, funzionassero sino a ottenere la fine delle ostilità fra lo Stato ebraico e i palestinesi. Sembrava che la pace fosse ormai un destino inevitabile grazie al patto di convergenza che vincolava gli Stati a compiere ciascuno degli sforzi per la pace.
L’Arabia Saudita intendeva liberarsi dall’estremismo sunnita in particolare e impegnarsi ad avvicinare il mondo ebraico e quello musulmano e Israele, Israele doveva limitare gli insediamenti in Cisgiordania e migliorare le condizioni di vita di Gaza. Agli Stati Uniti il compito di garante, con un patto di mutua difesa con i sauditi. Dopo l’incontro di settembre fra Joe Biden e Benjamin Netanyahu la speranza si rafforzava. Molti sostengono che l’attacco di Hamas sia stato eseguito, con la regia dell’Iran, per impedire che gli accordi di Abramo venissero finalizzati.
Stop all’accordo fra sauditi, Israele e Stati Uniti
Si può sostenere che i terroristi di Hamas hanno rovinato ciò che invece la maggioranza dei palestinesi era legittimata ad aspettarsi? Esiste un’autorità palestinese in grado di prendere le distanze dal poderoso attacco di sabato mattina? L’Anp, Autorità nazionale della Palestina, originariamente un’ala della storica Olp di Yasser Arafat, formalmente esiste ancora ma è come se non ci fosse: non è dotata di poteri rilevanti e non rappresenta per nulla la maggioranza della popolazione.
Le ultime elezioni si sono tenute nel 2006, per il rinnovo del Consiglio nazionale palestinese (il parlamento). Ha vinto Hamas, superando al Fatah, il partito che aveva vinto dieci anni prima e che esprime il presidente Abu Mazen. Il cui mandato però è terminato nel 2009, senza che in seguito si svolgessero più elezioni presidenziali.
C’era una volta l’Anp, delegittimata da Hamas
Il voto del 2006 ha manifestato una spaccatura tra gli elettori: all’interno della Striscia di Gaza prevaleva ampiamente Hamas, benché fosse dal ’98 considerata organizzazione terroristica, mentre in Cisgiordania, fuori dalla Striscia, vinceva al Fatah. In generale Hamas otteneva il 44% dei voti e l’ex partito di maggioranza il 41%.
L’identità di Hamas è stata dichiarata dal documento programmatico del ’98, carico della ben nota ideologia antisemita, senza lasciare alcuno spazio alla mediazione e alla trattativa per la pace con Israele. Nel 2017 il documento è stato riveduto nel 2017, assumendo una forma più corretta, ma nella sostanza nulla mai è cambiato. L’obiettivo era ed è distruggere Israele.
Il fondamentalismo ha diviso i palestinesi
Hamas ha preso definitivamente il potere dopo la battaglia di Gaza del 12-14 giugno 2007, combattuta contro al Fatah, con più di 100 morti e 550 feriti. Da allora la Striscia di Gaza è caduta nell’isolamento internazionale: Stati Uniti e Ue hanno infatti cessato gli aiuti. Israele dal canto proprio ha cercato di chiudere definitivamente la partita con l’operazione “Piombo Fuso”, compiuta tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009.
E’ stato un attacco massiccio, una caccia all’uomo fra le case, con dispiegamento della forza militare di Israele, dotata di carri armati. La popolazione di Gaza si è ritrovata senza elettricità e gas, con la chiusura intermittente del servizio idrico, la messa fuori uso del servizio fognario e anche liquame per le strade.
Un popolo murato e un altro sempre sotto attacco
Restano insostenibili le condizioni di vita dei palestinesi nella Striscia di Gaza, dove gli abitanti vivono circondati dalle barriere israeliane, ridotti alla prigionia ed esasperati, senza più ricevere aiuti. Di fatto, è un muro che nessuna forza di pace riesce ad abbattere senza che si ricorra alle armi.
Negli anni precedenti “Piombo Fuso”, i continui lanci di razzi Qassam, fabbricati artigianalmente dall’ala militare di Hamas, rendevano la vita impossibile ai cittadini israeliani, costretti dalle sirene a correre spesso nei rifugi, come stabilito obbligatoriamente dalla legge. L’obiettivo di Hamas era ed è cancellare Israele dalla carta geografica, quello di Israele era di eliminare i leader di Hamas e distruggere tutti i supporti logistici mediante i quali i terroristi si procuravano le armi. In particolare, si tratta dei tunnel sotterranei che collegavano Gaza con l’Egitto.
Se il mondo musulmano fosse unito
L’ipotesi peggiore, per Israele, è che il mondo musulmano inizi a coalizzarsi per sopprimere lo Stato ebraico, considerato illegittimo, come vuole Hamas. Eliminato Israele, al suo posto sorgerebbe un nuovo Stato islamico, che si estenderebbe dal fiume Giordano al mar Mediterraneo, riunendo i territori palestinesi a nord di Israele con la Striscia di Gaza. Inizialmente, Israele era un progetto dell’Unione sovietica, poi abbandonato da Stalin per esser fatto proprio dagli angloamericani.
Dal secondo dopoguerra, l’odio reciproco tra fondamentalisti musulmani e Israele ha causato ripetutamente guerre, scontri armati ed episodi terroristici, evidenziando una sproporzionata superiorità militare di Israele, in continua espansione con gli insediamenti abitativi, e una tenacia incrollabile da parte palestinese. Si è parlato anche di un’evoluzione interna ad Hamas, e di un contrasto fra i gruppi più vicini al Qatar, disposti a trattare, e la linea dura filo-iraniana, senza però che di fatto emergesse un atteggiamento di disponibilità al dialogo con Israele.
Ora si combatte sia a Sud della Striscia di Gaza, dove l’aviazione israeliana vuole distruggere le infrastrutture palestinesi, sia a Nord, dove già sono partiti colpi di mortaio da parte di Hezbollah, cui Israele ha risposto con l’artiglieria. Il pericolo è che la guerra si estenda ulteriormente, in un pesante clima da terza guerra mondiale.