15 morti in 19 mesi durante i controlli alle auto. In più, per un pestaggio dei poliziotti un ragazzo rimane senza una parte del cranio
Un mese dopo l’uccisione del 17enne Nahel da parte di un agente, a Nanterre fuori Parigi, i sindacati di polizia gongolano. Sono bastati otto giorni di protesta per ottenere un confronto diretto con il ministro degli Interni Gérald Darmanin. E per ottenere da lui una clamorosa promessa che ha subito fatto discutere chi vorrebbe una polizia più rispettosa dei diritti umani.
Darmanin, come ha riferito il segretario di Alliance Police Nationale Fabien Vanhemelryck, ha assicurato il suo impegno a rivedere il codice penale. Lo scopo è aggiungere una clausola che escluda i poliziotti dalla detenzione provvisoria. I tutori dell’ordine hanno avviato le proteste, a causa della disposizione di un giudice di Marsiglia. Il quale ha deciso, evento molto raro, di sottoporre a detenzione un agente prima del processo.
Per legge i poliziotti resteranno liberi prima del processo
La severità del giudice è la conseguenza del pestaggio compiuto da lui e altri tre suoi colleghi ai danni di Hedi. Di nuovo un ragazzo di ventidue anni di Marsiglia, di origine africana come Nahel. Gli hanno spaccato la mascella e l’hanno talmente picchiato, da rompergli il cranio. Per salvarlo, i medici infatti hanno dovuto asportare una parte del cranio, che così compie un incredibile angolo a 45 gradi. A Hedi manca un pezzo di testa.
Il massacro è stato commesso nella notte tra l’1 e il 2 luglio. Proprio nel periodo delle sommosse che per una settimana hanno tenuto sotto scacco le periferie di Parigi e di altre città francesi. Durante una fase di disordini di strada, Hedi è stato prima colpito con un proiettile di flashball, poi preso e portato con la forza dietro un’automobile. Dopo il pestaggio, si è rialzato in un lago di sangue, accorgendosi che una parte della scatola cranica era fuori posto.
Spaccata la scatola cranica a Hedi, vivo per miracolo
Il flashball è un tipo di arma antisommossa in dotazione agli agenti francesi. Vengono sparate pallottole di gomma, la cui forza è considerata simile al pugno di un campione di boxe, dunque non letale. Contro le previsioni, però, un ragazzo di 27 anni è rimasto ucciso proprio da colpo di flashball. Sempre ai primi di luglio a Marsiglia. In passato, altri sono stati feriti gravemente e nel 2010 un’altra persona ha perso la vita.
Di fronte al terribile pestaggio di Hedi e al filmato che lo documenta, un magistrato di Marsiglia ha chiesto il carcere cautelativo per i quattro agenti. Il giudice, appunto, l’ha prescritto per uno solo. Durissima la contestazione da parte di Unité SGP, uno dei sindacati di settore più potenti. Il cui comunicato asserisce che il carcere provvisorio per un collega è degradante e pericoloso. Ne va dell’immagine della polizia, che rischia di perdere autorevolezza e prestigio, secondo il sindacato.
I sindacati di polizia dettano le riforme al governo
Durante i giorni di protesta, gli agenti si sono messi in malattia oppure hanno lavorato ma solo in regime di 562. E’ l’articolo che prevede di rispondere soltanto alle emergenze. In quelle condizioni, una città è di fatto priva di sicurezza nella vita quotidiana. Il ministro Darmanin si è sentito spalle al muro e ha promesso la preoccupante riforma, che palesemente garantirebbe più la polizia che la sicurezza dei cittadini.
Dunque, se un altro ragazzo venisse tragicamente ucciso come Nahel, dopo l’introduzione della clausola promessa pochi giorni fa dal ministro Darmanin, il poliziotto che gli ha sparato non verrebbe messo in carcere prima del processo, malgrado la flagranza che risulta da un filmato fatto col cellulare. In proposito, torna a circolare la proposta di una norma che vieti di riprendere gli agenti di polizia, benché sia già stata bocciata dal Consiglio costituzionale nel 2021.
15 morti in 19 mesi ai posti di blocco per refus d’obtémperer
Anche nel caso di Hedi la prova del terribile pestaggio proviene da un filmato, quello della videosorveglianza. Istituita, si ricorda, a tutela dei cittadini, per proteggerli dai criminali. Non sono bastati dunque i 15 morti ammazzati dalla polizia in 19 mesi durante i posti di blocco, per rendere più umane le regole. Le 15 vittime hanno soltanto disubbidito agli ordini di un uomo in divisa: hanno compiuto un gesto sconsiderato, hanno premuto l’acceleratore, hanno insultato o che altro.
Il loro è stato comunque un refus d’obtémperer, di fronte al quale il regolamento autorizza a sparare per assicurare l’ordine pubblico. E quindi, assurdamente, a uccidere. Molti dei responsabili delle 15 uccisioni sono stati considerati in regola e sono rimasti a piede libero. I 15 episodi sono stati rivisti con l’aiuto delle registrazione da un comitato d’inchiesta, che ha stabilito che non c’era alcun bisogno di sparare. L’ordine pubblico in molti di quei casi era già assicurato.
L’inchiesta ha stabilito che non era il caso di sparare
La tensione dunque rimane alta. Il segretario del partito socialista Olivier Faure ha sostenuto che la polizia vuole restare al di sopra della legge. Scrittori e intellettuali attaccano i metodi della polizia, come già l’Onu un mese fa. Il Consiglio superiore della magistratura è intervenuto per sottolineare che i giudici devono compiere la propria missione senza subire pressioni, come invece è accaduto a Marsiglia. Il capo della polizia Frédéric Veaux, però, ha affermato che all’idea che un poliziotto è dietro le sbarre non riesce a dormire.
E tutto questo mentre la popolazione francese di origine africana si sente esclusa dai diritti fondamentali e dalle pari opportunità, di cui dovrebbe democraticamente beneficiare rispetto ai bianchi.