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E’ morto Prigozhin. E non è stata una morte naturale

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Paolo Zignani

Vladimir Putin perde il suo “cuoco”, il suo amico e alleato di tante battaglie. E nello stesso tempo è morto il suo nemico

Evgeny Prigozhin è morto il 23 agosto, a 62 anni, su un aereo Embraer, che si è schiantato mercoledì 23 agosto nella regione di Tver in Russia, a Nord di Mosca, mentre volava verso San Pietroburgo. Non ci sono superstiti, come hanno annunciato i servizi di soccorso giunti sul posto. A bordo c’era il proprietario del Wagner group, la milizia privata protagonista delle guerre vinte da Vladimir Putin.

Su Telegram, il ministero russo delle Emergenze ha confermato che tutti i dieci passeggeri sono morti, compresi i tre membri dell’equipaggio. Vicino al leader del Wagner Group c’era il suo numero due, Dmitri Utkin. L’hanno confermato diversi canali Telegram legati ai mercenari russi. Resta però un’ombra di mistero. Circola voce che in realtà il leader di Wagner viaggiasse su un altro aereo.

Il suo aereo si schianta a Nord di Mosca, 10 le vittime

Prigozhin era apparso in un video lunedì, per la prima volta dal 24 giugno, proprio due mesi dopo il giorno della ribellione della compagnia Wagner. L’aveva chiamata la «marcia della giustizia»  da Rostov a Mosca, a bordo dei suoi veicoli militari. Prigozhin voleva destituire, purché Putin acconsentisse, alcuni capi dell’esercito. Quella marcia, fermatasi a 200 chilometri da Mosca, voleva essere, come ha poi spiegato lo stesso Prigozhin con la sua sfrontatezza, una masterclass per dimostrare come si prende una capitale.

La sua insoddisfazione verso alcuni capi dell’esercito regolare dipendeva appunto dalla mancata presa di Kiev durante la fase dell’invasione. La guerra secondo lui si poteva condurre meglio. In seguito ha incontrato Vladimir Putin, grazie alla mediazione di Lukashenko. Prigozhin, dopo la sua marcia verso Mosca, si era nascosto a Minsk in Bielorussia, chiuso in una camera d’albergo. Temeva un attentato. Contava sul profondo legame che aveva con il presidente, suo amico personale, ancor prima che prendesse la guida della Federazione. E’ poi tornato al Cremlino, e ha creduto alle promesse dello zar, che gli garantiva sicurezza.

Si era fidato di Putin e stava tornando a combattere

Lunedì, per la prima volta dal 24 giugno, è apparso in un video con il volto in favore di camera. Vestito con la tuta mimetica, brandendo il fucile d’assalto, su uno sfondo desertico. Nel video sosteneva di trovarsi con dei combattenti in Africa, dove lavorava per la grandezza della Russia. E invitava dei volontari a raggiungerlo. Dopo la rivolta, aveva fatto sentire la sua voce in messaggi audio trasmessi su alcuni canali Telegram, mai però mostrando il viso, come aveva fatto spesso durante la guerra d’Ucraina.

E' morto Prigozhin. E non è stata una morte naturale
Prigozhin dall’Africa invita ad arruolarsi – lintellettualedissidente.it Ansafoto

Miykailo Podolyak, consigliere di Zelenskyj, ha tweettato un commento. Putin non perdona nessuno. Aspettava solo il momento. Questa morte per lui è un chiaro segnale alle élite russe, guardando alle elezioni dell’anno prossimo. Chi tradisce muore. Sarebbe inoltre un messaggio ai militari russi. Se saranno sleali, dovranno vedersela con un tribunale ucraino o con una pallottola dei servizi segreti russi.

“E ‘ un messaggio alle élite russe: chi tradisce muore”

C’era qualcosa di umano in Prigozhin, malgrado fosse un imprenditore di morte, il capo dei mercenari, che reclutava soldati fra i carcerati e ne faceva una forza militare moderna, tecnologica e vincente in Siria, in Libia e in Ucraina. Era persino comico nei suoi travestimenti, con i quali poteva viaggiare all’estero. Nei giorni della rivolta contro il suo grande amico Vladimir Putin, rideva, scherzava e cantava assieme agli alti ufficiali dell’esercito russo. Sembrava che Evgeny Prigozhin in fondo fosse rimasto ancora un po’ ragazzo, spericolato, pronto a mille avventure, con la sua smorfia amara e accattivante. Ma senza candore.

Nel 1981 era stato condannato al carcere per 12 anni, per rapina, frode e per aver coinvolto in un traffico di prostituzione degli adolescenti. Rilasciato nel ’90, nel periodo del crollo dell’Unione sovietica, crea una catena di vendita di hot dog. Grazie al rinnovamento russo, apre una catena di negozi di alimentari. E fonda i primi casinò di San Pietroburgo. Nella sua stessa città apre il ristorante New Island. Non fa altro che rimettere a nuovo una vecchia barca e farne un ristorante sull’acqua di gran moda, come a Parigi sulla Senna.

Anni di successi fra ristoranti, casinò e capi di Stato

Ed è un successo. Qualche anno dopo, nel 2001, è proprio lui a servire a tavola Vladimir Putin e il presidente francese Jacques Chirac, per poi ospitare George W. Bush l’anno dopo. Un anno dopo è il confidente di Putin, e lascia i ristoranti. Avrà molto da lavorare nel settore, dato che il Cremlino gli darà in appalto le mense scolastiche e militari. Sicché, l’appropriato soprannome sarà cuoco di Putin. Rimane comunque un uomo d’azione, e lo dimostra fondando il gruppo Wagner nel 2014.

Putin vuole evitare il sacrificio dei militari di leva e ha fatto ricorso ai mercenari di Wagner, più direttamente controllabili tramite la forma privata della società di Prigozhin, arricchitosi grazie agli appalti di Stato. I successi militari arrivano puntuali, in Siria e in Libia. In questi giorni Prigozhin stava entrando in azione in Niger. Mentre Prigozhin, dopo la prigione, era riuscito a ricostruirsi come imprenditore, Putin invece era stato capace di diventare un capo di Stato freddo, in grado di decidere lucidamente.

E crudelmente. I suoi oppositori non tornano mai a raccontare nulla. Prigozhin faceva paura, in quanto depositario dei retroscena della carriera dello zar, di cui era amico già negli anni ’90. Un eventuale libro di memorie avrebbe potuto distruggere l’immagine del presidente, in una fase storica delicata come gli ultimi mesi della guerra d’Ucraina. Alla vigilia delle elezioni russe del 2024.

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