L’attacco al ponte di Kerch ha un significato sia simbolico che strategico. La Crimea è continuamente sotto attacco
La Crimea appartiene di fatto alla Russia, senza però il riconoscimento della comunità internazionale, che la considera ancora ucraina di diritto. Il referendum del 2014, sull’annessione alla Russia, è stato considerato illegale dall’Onu, dall’Ucraina, dagli Stati Uniti, dall’Osce e dal Consiglio d’Europa. Precedentemente l’isola era terra ucraina, con il nome di Repubblica autonoma di Crimea. Mosca se n’è appropriata occupandola con le proprie truppe nello stesso anno.
L’Ucraina intende così riconquistare la propria isola, che ha un’importanza strategica enorme per la logistica. Kiev punta, dapprima, a dimostrare che la Russia non è in grado di garantire la sicurezza della Crimea. Al momento della trattativa che seguirà il cessate il fuoco, previsto dagli Stati Uniti entro l’anno, per non disturbare la campagna elettorale del 2024, la mancanza di controllo sulla Crimea sarebbe un dato sfavorevole al presidente russo Vladimir Putin. Il quale vuole invece il definitivo riconoscimento internazionale dell’annessione.
L’Ucraina non ha la forza di invadere militarmente la Crimea. Quindi aggredisce i russi con attacchi imprevedibili, a sorpresa, anche con mezzi non convenzionali. Può sembrare terrorismo, è vero. Per riuscire a danneggiare seriamente la struttura fra due piloni di sostegno, pare che l’Ucraina il 17 luglio abbia usato dei barchini esplosivi. Lo ha dichiarato un ufficiale di Kiev al Washington Post, serbando l’anonimato.
Certo nessuna forza militare rende palesi i propri mezzi, le tecniche e le strategie, offensive o difensive. Anche perché, per sorprendere il nemico, si usano strumenti imprevedibili, se non artigianali, come questa volta dei barchini, inattesi e in grado di sfuggire alla tecnologia dei radar. Le esplosioni sono state due, a un quarto d’ora di distanza. Un uomo e una donna sono morti: stavano viaggiando in auto in Crimea per trascorrervi le vacanze, mentre la figlia minorenne è sopravvissuta.
Il giorno dopo da Kiev è arrivata la conferma: sono stati lanciati dei droni marini di superficie. La distruzione del ponte è essenziale per l’Ucraina, per impedire alle truppe di ricevere rifornimenti via terra. Per qualche giorno, i veicoli su strada hanno potuto viaggiare soltanto su una corsia, mentre i treni sono continuati a passare. Dopo qualche giorno, il ponte è stato reso completamente transitabile.
Da un punto di vista simbolico, il ponte di Kerch è ugualmente essenziale alla narrazione del presidente russo Vladimir Putin. Presa l’Isola, il ponte è stato costruito molto rapidamente e inaugurato con grande enfasi già nel 2018 dallo stesso Putin. Il leader del Cremlino si è messo alla guida di un camion, in diretta tv, per raggiungere la Crimea e inaugurare il ponte.
L’infrastruttura era stata progettata già attorno al 1870, la prima linea telegrafica univa Londra all’India. E si pensava anche a una linea ferroviaria su percorso analogo, comprendendo la Crimea. Ma era troppo costoso. Ci ha pensato l’ultimo zar, Nicola II, destituito dalla Rivoluzione d’Ottobre, poi l’ha progettato la Germania nazista. E’ stato realizzato provvisoriamente solo nel ’44, dai sovietici, che usarono materiale dismesso dall’esercito tedesco. Dopo pochi anni è crollato. Nemmeno l’Urss è riuscita nell’impresa, che invece è stata possibile a Putin, mediante un appalto miliardario al gruppo SGM di Arkakij Rotenberg.
Che l’Ucraina lo distrugga, sarebbe uno smacco senza limiti per il Cremlino. Putin ha dato la responsabilità dell’attacco a dei collaboratori britannici e ha minacciato quindi il Tower Bridge di Londra. Kiev però ci riproverà. Nell’ottobre scorso aveva colpito l’infrastruttura con un camion bomba, senza però riuscire a fermare il traffico.
Il 29 luglio è arrivata la dichiarazione del capo dell’intelligence militare di Kiev, Kyrylo Budanov. Il quale assicura, con un tweet sul suo profilo Twitter, che l’esercito ucraino penetrerà nell’isola e la libererà dalla Russia. Inoltre, un deposito di munizioni russo è stato fatto esplodere, in Crimea, non lontano da Sebastopoli, grazie a un atto di sabotaggio.
All’Ucraina non resta che il sabotaggio, si direbbe, se la forza militare rimane troppo limitata. Nel settembre 2022 un attentato ha messo fuori uso il gasdotto Nordstream 2, che porta il gas russo dalla zona di San Pietroburgo alla Germania attraverso il Mar Baltico. Il New York Times ha accreditato la pista ucraina, perché la Germania avrebbe rintracciato una barca che avrebbe fornito gli strumenti utili al sabotaggio.
Sarebbero poi stati dei sommozzatori ucraini, o filo-ucraini, a far saltare la conduttura. Nessuno ha mai rivendicato l’attentato, precedentemente attribuito agli Stati Uniti se non addirittura alla Russia. L’Ucraina, da parte propria, ha smentito di averne la responsabilità.
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