A Budapest il presidente ucraino ha pochi amici. Certamente non il primo ministro Orban, uno dei politici più freddi nei confronti di Kiev
Qualche mese prima dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Ungheria ha firmato un nuovo contratto con Gazprom per la fornitura di gas. Un accordo di quindici anni, che scadrà nel 2036 e farà arrivare nel Paese magiaro 3,5 miliardi di metri cubi attraverso la Serbia, senza passare per l’Ucraina. Assieme al miliardo di metri cubi importato attraverso l’Austria, sempre di marca Gazprom, il fabbisogno è soddisfatto.
Il contratto ha scatenato le ire di Kiev, che di conseguenza ha dovuto rinunciare a farsi pagare il diritto di transito. La Russia si è avvalsa di un proprio diritto riconosciuto dai contratti vigenti, quindi l’Ucraina ha contestato la scelta dell’Ungheria, chiedendo anche alla Commissione europea di rivedere la questione. Il vantaggio è della Turchia, grazie al gasdotto Turkstream che passa sotto il Mar Nero, e poi prosegue fino all’Europa meridionale e appunto l’Austria.
Tra i due litiganti, ci guadagna soprattutto la Turchia
I dissapori e le contestazioni tra Ucraina e Ungheria durano comunque da tempo e non si placano. Il primo ministro Viktor Orban, in una recente intervista concessa a Tucker Carlson di Fox News, a Budapest, ha dichiarato totale opposizione all’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Carlson è uno dei giornalisti più aggressivi nei confronti del presidente Biden, quindi l’auspicio di un successo di Donald Trump alle presidenziali del 2024 deve averlo galvanizzato.
Orban ritiene che la sicurezza dell’Europa abbia bisogno di un’architettura da mettere a punto grazie a un accordo con la Russia. Allo scopo di garantire la sicurezza e sovranità della stessa Ucraina. L’Ungheria, anzi, è decisa a respingere l’ipotesi che il lungo confine tra Ucraina e Russia diventi un confine della Nato. Significherebbe una guerra pericolosa per tutti, compresi gli Stati Uniti, come ha precisato Orban.
Le profezie di Orban sono un incubo per l’Ucraina
D’altra parte è impossibile per lui che l’Ucraina vinca una guerra contro la Russia. E così nessuna soluzione è oggi praticabile, a meno che alla Casa Bianca non torni Trump. Sarà molto interessante vedere gli europei trattare la pace e importanti accordi strategici con il Cremlino, dopo la lunga sudditanza verso gli Stati Uniti. Di sicuro Budapest dal conflitto armato continuerà ad astenersi, malgrado le pressioni.
Alcuni giorni dopo l’intervista di Orban, il ministro degli Esteri Peter Szijarto ha segnalato le insistenze straniere per un coinvolgimento a fianco dell’Ucraina. Nulla da fare, anzi Sijarto, durante un evento pubblico a Budapest il 26 agosto, ha sottolineato con orgoglio che il suo Paese ha fatto di tutto per non aumentare la sofferenza umana. E continuerà così, evitando di contribuire alla morte in guerra anche di una sola persona.
Un’inossidabile equidistanza tra Kiev e Mosca
Coerentemente quindi lo stesso ministro degli Esteri si oppone all’invio di aiuti militari a Kiev, malgrado le sollecitazioni europee. Szjiarto ha annunciato il veto magiaro nell’ultima riunione dei ministri degli Esteri del vecchio continente. Senza l’unanimità dei 27 Stati membri, il provvedimento da 500 milioni di armi sarà fermato. Le forniture saranno probabilmente decise da ogni singolo Paese.
Il diniego di Budapest era previsto sin dallo scorso mese di maggio. Allora l’Ucraina aveva preso un’altra decisione insopportabile per Budapest. Una banca ungherese, la più grande, cioè la OTP Bank, era stata collocata nella lista nera degli “Sponsor internazionali della guerra”. Si tratta di un elenco di importanti società private che sono rimaste in Russia, dove continuano la loro attività. Kiev le costringerebbe a tornare in patria, volendo punire in ogni modo possibile la Russia e chi la sostiene anche indirettamente. La risposta ungherese è stata che di aiuti militari non si parla finché la OTP rimane in quella lista nera.
E dopo un secolo rispunta una questione di confine
La presidente della Repubblica ungherese Katalin Novak ha cercato di ammorbidire le spinose relazioni con l’Ucraina in occasione della presentazione della Crimea Platform organizzata dal presidente Volodymyr Zelensky davanti a una platea internazionale. Zelensky, nel colloquio col capo di Stato ungherese, ha ringraziato per le cure prestate ai soldati feriti, e per la formazione offerta ai medici militari ucraini.
In un comunicato di Kiev, si è segnalato anche il confronto su “questioni di cooperazione transfrontaliera e iniziative congiunte in Transcarpazia”. Appunto in Transcarpazia abitavano nel 2001 ben 151mila ungheresi, il 12% della popolazione, che sono diventati uno dei cavalli di battaglia di Orban. Il primo ministro vuole ricostituire la cosiddetta Grande Ungheria, che al massimo della propria estensione comprendeva pure la Transcarpazia.
L’ha persa con la Prima guerra mondiale, salvo poi allearsi con la Germania nazista pur di riconquistarla. Il dissenso continuerà certamente ancora, per l’importanza che ha avuto la lite sulla Transcarpazia nelle relazioni tra Budapest e Kiev, malgrado lo stile diplomatico di Katalin Novak. Zelensky da parte propria non perdonerà mai i buoni rapporti che l’Ungheria continua a intrattenere con la Russia.