Detenuta da mesi nel carcere di Astana, capitale del Kazakistan. Il Ministro degli Esteri Tajani prende in esame il caso.
L’ambasciata italiana non ha potuto nulla contro la decisione della giurisdizione kazaka. Assemgul Sapenova, madre di Amina Milo Kalelkyzy, ha chiesto direttamente l’intervento del Ministro degli Esteri Antonio Tajani. La 18enne leccese è trattenuta presso il carcere di Astana dal mese di luglio. Non conosce la lingua del posto e non le è stato affidato un interprete che possa aiutarla ad interloquire con le forze dell’ordine. Il primo arresto risale al 2 luglio, quanto la giovane venne fermata insieme ad un ragazzo del posto. In seguito ad un primo rilascio, gli agenti di polizia la raggiunsero nuovamente.
Secondo una prima ricostruzione delle dinamiche, Amina sarebbe stata condotta con l’inganno all’interno di un appartamento privato. Qui, avrebbe subìto abusi e violenze da parte degli agenti di polizia, maltrattamenti durati oltre due settimane. Assemgul avrebbe poi ricevuto una richiesta di riscatto di 60mila euro ed avrebbe quindi deciso di rivolgersi all’ambasciata, in modo da risolvere il caso diplomaticamente. Sapenova ha infine ottenuto il secondo rilascio di sua figlia. Ciò nonostante, l’11 luglio Amina è stata arrestata nuovamente, accusata e condannata per traffico di stupefacenti.
Maltrattata dagli agenti
Assemgul è rimasta in Kazakistan: “Non la lascio sola con questi lupi” – sono state le sue parole. Amina infatti si trova presso il carcere di Astana, senza possibilità di rilascio. Nonostante la giovane perseveri nel dichiararsi innocente, sembra che la giurisdizione kazaka sia di altro avviso. Secondo quanto raccontato da sua madre, che scrive periodicamente alla figlia detenuta, Amina avrebbe perso nove chili dal giorno dell’arresto. Il suo corpo presenterebbe inoltre diversi lividi ed ematomi, chiaro segno di maltrattamenti e collutazioni. La giovane Kalelkyzy ha di fatto tentato il suicidio due volte.
“Chiedo aiuto all’Italia” – ha scritto Amina – “in particolare al Ministro Tajani, vi prego aiutatemi, voglio tornare a casa”. Il legale della famiglia ha tentato di proporre i domiciliari, richiesta che è stata prontamente respinta. Secondo le autorità infatti, Amina potrebbe scappare dalla casa di detenzione. Sembra inoltre che Sapenova abbia ricevuto ulteriori minacce: gli agenti le intimarono di “non rivolgersi all’ambasciata italiana perché avrebbero fatto del male a sua figlia”. Nel frattempo gli avvocati di Amina contestano il trattamento riservatole, considerando che – almeno per il momento – non sussistono prove a conferma dell’accusa.