Selvedin Beganovic è l’imam di Trnovo, un paesino che si contestualizza nella parte nord occidentale della Bosnia. In quanto capo della moschea e dunque leader spirituale dei musulmani del luogo, si è esposto, a suo tempo, cercando di comunicare con uno dei leader del movimento wahabita della Bosnia: Husein Bosnić.
Prima di spiegare il contenuto di questa lettera, e dunque di andare ad esaminare la posizione di Selvedin Beganovic è di fondamentale importanza parlare del contesto.
Il movimento wahabita è uno dei tanti che segue al movimento di riforma religiosa del mondo musulmano che predica un ritorno al Corano. Si può dunque considerare una forma piuttosto austera di Islam, anche perché individua, in tutti coloro che non seguono una interpretazione alla lettura del Corano, dei veri nemici della religione.
Si tratta dunque di una forma estrema e costituisce, fortunatamente, una minoranza rispetto alle altre correnti islamiche. Da cui però sono sorti non pochi problemi visto che, esattamente da questo file di pensiero è sorto il movimento dei talebani e di Bin Laden.
Il problema principale è che purtroppo queste correnti di pensiero sono quelle che influenzano di più alcuni movimenti militanti islamici che perseguono attivamente la causa.
Husein Bosnić, oggi cinquantenne, è stato formalmente accusato e condannato a 7 anni di carcere, nel 2015, di aver reclutato giovani bosniaci per spedirli in Iraq e in Siria a combattere per la Jihad.
L’imam di Trnovo, si è esposto manifestando la sua contrarietà rispetto a questa pratica (e dunque manifestandosi eretico agli occhi di un leader wahabita e ai suoi seguaci). Il presupposto di partenza era il suo pensiero di dover investire tempo e di energia a cause più contingenti e diverse da quelle inerenti ad una guerra di religione.
Molto semplicemente, il suo pensiero è per lo sviluppo economico, pratico, della comunità islamica presente in Bosnia. Dove si lotta per la sopravvivenza di molte persone che sono disoccupate o a rischio sociale a causa delle loro condizioni.
È chiaro che, a livello concreto, strappare dei giovani ragazzi idealisti alle loro famiglie, che hanno bisogno della loro presenza, del loro sostegno sia pratico che economico, non può che andare ad amplificare il problema della comunità.
Ma, allo stesso tempo, i leader di un movimento integralista non posso non ritenere che ci siano delle priorità e che queste priorità si basino su una affermazione, anche attraverso la forza e la violenza, del loro pensiero. In Bosnia si trova una delle comunità islamiche più importanti presenti in Europa.
Quindi la questione è particolarmente spinosa, anche perché a seguito di questa lettera l’Imam è stato aggredito e ferito. E questo, a dire il vero, per diverse volte. Purtroppo gli organi di sicurezza non sono stati in grado di proteggerlo fisicamente, nonostante continui ad essere preso di mira da questi attacchi a causa, appunto, della sua esposizione.
Per quanto si siano mobilitati in tanti per chiedere un intervento più deciso da parte dei servizi di sicurezza, l’ennesimo episodio di aggressione dimostro che poco è stato fatto.
Anche i media del paese si sono mossi, puntando il dito sulle evidenti falde dei servizi antiterrorismo bosniaci e addirittura andando velatamente ad insinuare che forse non si tratti di incompetenza ma di una scelta ponderata di dare spazio alle frange estremiste.
Ovviamente è molto importante analizzare questa situazione dal punto di vista dell’allarme degli altri paesi europei che hanno monitorato con attenzione, e continuano a farlo, la Bosnia temendo ciò che avviene al suo interno.
In tanti, appunto, sono preoccupati dal fatto che la Bosnia sia proprio un centro di reclutamento di nuove cellule terroristiche e la vicenda che ha coinvolto Husein Bosnić ne sarebbe una piena dimostrazione.
È importante sottolineare che i bosniaci sono, in numero massiccio, più islamici per una questione di conversione che avvenne nella metà del ‘400. Visto che la Bosnia veniva dominata dall’impero ottomano, molti cittadini si convertirono per poter avere dei privilegi, ma le pratiche religiose connesse all’Islam erano più una sorta di adattamento, una sorta di sincretismo religioso che prevedeva semplicemente di andare ad accorpare queste con i riti propri già presenti all’interno della cultura.
Quindi la religione non veniva praticata in maniera radicale o integralista. Ad un certo punto però, circa 400 anni dopo, i bosniaci aderenti all’Islam divennero una minoranza. La questione si complica molto a causa del fatto che, nel 1878 con il Congresso di Berlino, si associarono le diverse etnie alla confessione religiosa, in una sorta di taglia e cuci decisamente forzato. Col trascorrere degli anni successivi l’Islam divenne una delle tante pratiche religiose del paese.
Si tratta di un modo di praticare la religione islamica tra i più secolarizzati in assoluto, che consente di modernizzare la religione, tenendo però in conto dei dettami del Corano.
Il problema del conflitto tra le diverse etnie jugoslave, però, portò, nel 1990, alla fondazione di un partito (SDA) di matrice islamica e con l’intento di rappresentare i musulmani jugoslavi.
E qui che Islam e politica si intrecciano fortemente al nazionalismo bosniaco, nonostante non ci furono estremismi nemmeno in questo caso. Il partito, per quanto potesse sembrare avere una base ideologica, più che altro sfruttava l’ideologia per le sue ambizioni nazionalistiche.
Ad ogni modo, nel 1993 si vede nascere il movimento delle “brigate musulmane” che tecnicamente avrebbero dovuto difendere la popolazione musulmana dalle aggressioni croate e serbe, ovvero dai cristiani.
Questo portò a stringere un legame più forte con il mondo musulmano che si trovava aldilà del confine dei Balcani, sebbene nella pratica i due modi di vedere la religione fossero molto differenti.
Per difendere i bosniaci musulmani, il mondo islamico si mobilitò sotto ogni punto di vista, con risorse di qualunque tipo sia militari che economiche che diplomatiche.
Il discorso di base, in realtà, è esattamente da rintracciare nella medesima lettera di Selvedin Beganovic che si fa portavoce di quella che è da tempo una realtà concreta in Bosnia: le difficoltà della popolazione che sono prioritarie e che possono portare ad aprire ampi varchi al fondamentalismo islamico.
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