La riforma delle pensioni sembra sempre più distante. Il Governo Meloni non riuscirà a fare quasi nulla di quanto promesso.
Le proposte sono tante, le risorse economiche poche. Troppo poche per apportare al sistema previdenziale tutte le modifiche che erano state promesse in campagna elettorale. Vediamo insieme cosa cambierà nel 2024.
Aumentare ulteriormente la spesa previdenziale – attualmente tra le più alte in Europa assieme alla Grecia – in un contesto di denatalità, è impossibile. A meno di non far crollare tutto il sistema economico come un castello di carte. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, durante il meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, è stato chiaro: tutto non si può fare. E bisogna investire sull’aumento degli stipendi più che sulle misure di pensione anticipata.
Ma i sindacati continuano a chiedere misure che tutelino le donne, i giovani e chi svolge mansioni gravose. D’altro canto, però, c’è anche l’esigenza di aumentare le pensioni minime vista la continua ascesa dell’inflazione. Il Governo Meloni è chiamato a sciogliere troppi nodi e quel che è certo è che, per il 2024, si potrà fare ben poco.
Riforma delle pensioni: ecco cosa cambia
Il Governo è tornato a riunirsi subito dopo le vacanze per fare il punto della situazione e gettare almeno le basi sulla prossima legge di Bilancio. Purtroppo le risorse da destinare alle pensioni sono meno del previsto.
Infatti alla spesa previdenziale si può destinare non più di 1,5 miliardi di euro. Troppo pochi per superare la legge Fornero in modo definitivo. Nonostante la Maggioranza fosse convinta di andare oltre la Fornero estendendo a tutti Quota 41, è ormai certo che questo passo non si potrà fare nel breve termine.
Quota 41 favorirebbe troppe uscite anticipate e tutte insieme: è stato stimato che costerebbe allo Stato almeno 5 miliardi di euro. L’unica possibilità per estenderla a tutti sta nel ricalcolare gli assegni pensionistici con il sistema contributivo puro. Questo comporterebbe pesanti tagli sulle pensioni.
L‘ipotesi più probabile è la riconferma di Quota 103 a cui potrebbe affiancarsi un ‘Ape sociale “rinforzata“. Potrebbe essere ampliata la lista dei beneficiari che potranno andare in pensione a 63 anni con questa misura. L’assegno, però, non potrà superare in nessun caso 1500 euro al mese fino al raggiungimento dei 67 anni. Oltre a questo bisogna ricordare che Ape sociale non prevede né la tredicesima né la quattordicesima e non è soggetta a rivalutazione annua.
Ancora molti punti interrogativi pendono sulle sorti di Opzione donna: la misura introdotta nel 2004 dal secondo Governo di Silvio Berlusconi, potrebbe cessare di esistere alla fine di quest’anno. Il ministro Giorgetti ha spiegato che l’unica strada attualmente possibile per tutelare i giovani e, soprattutto, gli under 35, è incentivare con ogni mezzo le forme di pensione complementare. Ciò garantirebbe anche un po’ di respiro alle casse dell’Inps.