La pensione sta diventando un traguardo sempre più lontano. I giovani di oggi rischiano di non vederla davvero mai.
La frase molto comune “noi non vedremo mai la pensione ” pronunciata spesso dai giovani, purtroppo rischia di essere tristemente vera. Vediamo insieme cosa potrebbe accadere nei prossimi anni.
Il Governo Meloni, a breve, riprenderà gli incontri con i sindacati per discutere della riforma delle pensioni. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – dal palco di Rimini, durante il consueto meeting annuale di Comunione e Liberazione – ha asserito senza troppi indugi che tutto non si può fare. Un po’ perché non ci sono le risorse economiche sufficienti a un po’ perché il crollo delle nascite che ha travolto il nostro paese, rende impossibile agevolare troppo le uscite anticipate dal lavoro a meno di non far crollare tutto il sistema.
Tuttavia qualcosa va fatto. Soprattutto va fatto qualcosa nella direzione del superamento della legge Fornero altrimenti i giovani di oggi potrebbero non arrivare nemmeno vivi all’età della pensione.
Pensione: molti potrebbero non vederla mai
Obiettivo del Governo Meloni è superare la legge Fornero senza, però, compromettere la stabilità economica dell’Italia. Sarà possibile? L’obiettivo è ambizioso ma, diversamente, il rischio è che chi oggi ha 35 anni o meno non veda mai la propria pensione.
I giovani di oggi difficilmente hanno carriere stabili, contratti di lavoro a tempo indeterminato e stipendi alti. A 35 anni – ma anche a 40 – è abbastanza frequente saltare da un lavoro a un altro con contratti atipici e stipendi che difficilmente superano i 1000-1200 euro al mese. Questo significa una sola cosa: pochi contributi. E pochi contributi significa un’altra cosa: assegno previdenziale basso. Infatti la riforma Dini del 1995 ha segnato il passaggio dal sistema di calcolo retributivo al sistema di calcolo contributivo: quest’ultimo, per calcolare l’importo della pensione – si basa unicamente sui contributi versati.
La legge Fornero- entrata in vigore nel 2011- ha stabilito che l’età pensionabile è 67 anni. Ma per poter lasciare il lavoro a 67 anni, è indispensabile soddisfare due requisiti:
- avere almeno 20 anni di contributi;
- aver maturato un assegno previdenziale pari almeno a 1,5 volte l’importo dell’Assegno sociale.
L’importo dell’Assegno sociale cambia ogni anno in quanto è soggetto a rivalutazione. Va da sé che chi ha carriere discontinue, pochi contributi e stipendi bassi, difficilmente a 67 anni avrà maturato un assegno previdenziale di importo sufficiente per poter andare in pensione.
Secondo le stime degli esperti, chi oggi ha 35 anni o meno, potrà andare in pensione non prima dei 74 anni. Il rischio è che qualcuno possa morire prima e, quindi, non vedere mai la pensione.
La riforma Dini fu fatta in un periodo storico caratterizzato da benessere economico e si prevedeva una crescita progressiva degli stipendi. Oggi sappiamo che così non è. L’unione delle due riforme – Dini e Fornero – sta producendo un’unica conseguenza: chi guadagna poco dovrà lavorare più anni di chi guadagna molto per poter andare in pensione. E forse non ci arriverà neanche vivo, con tutti gli scongiuri del caso.