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Economia

Marcello de Cecco, storia di un influente economista italiano

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Pensando a Marcello De Cecco diciamo che è difficile dare un’impronta di quella che è una persona: da dove si comincia? Dal suo curriculum, da quello che ho fatto nella vita o forse una persona risiede nei contenuti che ho lasciato?

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Cosa ha fatto di rilevante Marcello de Cecco?

Tutto sul fondatore della facoltà di scienze economiche e bancarie di Siena

Marcello de Cecco, importante economista italiano, è stato uno dei fondatori della facoltà di scienze economiche e bancarie di Siena. La laurea in economia l’ha presa a Cambridge, ma precedentemente aveva già conseguito una laurea in giurisprudenza a Parma.

Il primo decennio  da insegnante lo ha svolto proprio a Siena, per poi fare spola in tantissime altre cattedre universitarie.

Il suo lavoro chiaramente non è riconducibile solo ed esclusivamente all’insegnamento ma in quanto economista ha ricoperto diversi ruoli all’interno delle principali istituzioni economiche del nostro paese, compreso il fatto di essere stato consulente economico della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il suo impegno lo ha investito anche nell’opera di divulgazione per molte testate giornalistiche, tra cui la Repubblica, allo scopo di riuscire a lasciare la sua impronta su più ampia scala.

Infine, è stato annoverato come membro dei consigli di amministrazione di diverse banche.

Questo è lungo, folto e impegnativo curriculum sicuramente ci fornisce un assaggio dell’impegno dell’economista volto a mettere a disposizione le sue conoscenze e le sue ricerche e non a farne una vera professione. Il motivo per cui Marcello de Cecco è diventato famoso in tutto il mondo e grazie alla sua ricerca nell’ambito del sistema monetario internazionale.

Questa ricerca partiva dal fatto che solo quattro anni prima rispetto alla pubblicazione del suo testo più importante, ovvero del 1968, c’era stata una forte svalutazione della sterlina.

De Cecco aveva ipotizzato che il sistema di Bretton Woods stesse andando al collasso e che non si potesse più contare su un sistema di cambi fissi ma aggiustabili.

Le sue teorie cominciarono ad essere prese in esame proprio perché aveva dei pareri che riusciva ad argomentare in maniera ottima e che andavano contro corrente rispetto alle idee della sua epoca.

Quali sono i contenuti dei testi di Marcello de Cecco?

All’interno dei suoi testi aveva un approccio diverso da quello che in genere hanno i suoi colleghi.

Un approccio consequenziale ai fatti, quindi un approccio storico che si basava sull’evoluzione delle istituzioni. Un’altra caratteristica molto positiva della sua scrittura era la capacità di trasmettere i contenuti, così come di averli assorbiti in precedenza, senza mai cadere nella tentazione di farsi intrappolare dall’incantesimo dei fatti. A cui, però, si atteneva con una grande attenzione.

Mai come oggi abbiamo bisogno di interpreti precisi della realtà in cui viviamo, e sicuramente Marcello de Cecco è stato un grandissimo lettore e analista economico.

Abile e preciso dell’andare a smontare tantissimi miti, con molta più rapidità ed efficacia di quanto non siano stati costruiti nel corso del tempo.

Il suo primo libro, datato 1967, comprendeva quattro saggi piuttosto lunghi: Saggi di politica monetaria.

Il tema di questi saggi dava uno spazio enorme all’utilizzo politico della moneta che fece gli Stati Uniti tra il 1944 e il 1965. Sicuramente fu un grande esperto e un grande studioso di meccanismi che legavano la moneta alla politica internazionale.

Uno di questi tre saggi si concentra sulla politica monetaria italiana, sempre più o meno fotografata all’interno del medesimo periodo storico.

È molto interessante sottolineare il fatto che la sua analisi, alla fine, denuncia la tendenza del tutto particolare della politica del nostro paese di disinteressarsi totalmente dell’alta percentuale di disoccupazione non strutturale. L’Italia ha, tuttora, la tendenza a cercare il pareggio di bilancio a livello politico invece di andare a investire nelle potenzialità produttive.

Per questo l’economia italiana non solo non è mai stata un reale traino, nonostante le potenziali capacità in fondo, sempre inutilizzate nei fatti.

La politica dell’Italia fu di impronta restrittiva.

Quali sono stati i motivi principali della decadenza dell’economia italiana secondo il professore?

Molto semplificando possiamo dire che i cittadini, così come i loro rappresentanti, sono più dei risparmiatori e degli investitori e che il motivo grazie al quale, ad un certo punto, il paese è riuscito ad uscire dalla stagnazione che non è stato per un proprio merito ma per le esportazioni date dalla situazione internazionale e dai conflitti bellici.

Secondo l’autore il periodo storico più interessante da esaminare, nonchè più decisivo per il nostro paese, risale alla prima metà degli anni ‘60.

Sicuramente si può parlare di una sorta di adottare un modello convincente che non dipendesse dal modello di sviluppo degli Stati Uniti. Nel momento in cui gli investitori guardavano golosi verso nuove zone in cui investire e a cui vendere, nel nostro paese si pensava solo ad accumulare.

Andando invece a parlare di un tema particolarmente caro agli economisti, soprattutto europei, tratto in maniera molto approfondita e con grandi finezze l’argomento dell’introduzione della moneta unica ovvero dell’Euro.

Senza lasciarsi tentare dal bisogno di uniformarsi alle analisi pro o contro, aveva la piena comprensione del fatto che, all’interno di un mondo globalizzato, i movimenti di capitale sono liberi e quindi le relazioni finanziarie economiche non sono più internazionali ma transnazionali.

Il progetto euro secondo Marcello de Cecco

Partiva dal presupposto che sicuramente “il progetto Euro” avrebbe potuto e dovuto essere un progetto finalizzato ad unire l’Europa. Ma è stato un progetto che non ha avuto l’attenzione e la cura di gestione necessaria per poter raggiungere il suo obiettivo.

Calandoci in un’analisi del tutto nostrana, si rendeva conto benissimo del fatto che il nostro paese aveva un disavanzo perlomeno inquietante che lo avrebbe esposto entrando nell’Euro.

Eppure conosceva anche il rischio che l’Italia avrebbe corso nel decidere di non partecipare al progetto, un rischio speculativo che sarebbe aumentato a causa del fatto che anche la Spagna aveva aderito all’Euro.

In fondo, il problema della politica italiana, così come della sua classe imprenditoriale, così come probabilmente dei suoi investitori è quello di non avere un reale progetto, di tirare avanti con un sistema che non ha molto da dire e non può che finire per esaurirsi.

Forse, da insegnante quale è stato per tantissimi anni, era un modo più sofisticato per trasmettere il famoso concetto: l’alunno ha tante potenzialità, ma poca voglia di applicarsi.

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