I nati dopo il 1980 potrebbero ricevere una comunicazione sconcertante da parte dell’INPS. Cosa succede? Scopriamolo.
L’ultimo rapporto Censis Confcooperative ha rivelato una situazione molto preoccupante per alcune categorie di contribuenti.
Dai dati emersi è stato rilevato che i lavoratori precari e coloro che hanno iniziato a lavorare di recente saranno i “nuovi poveri” entro il 2050. Le carriere professionali sempre più discontinue e i salari eccessivamente ridotti, purtroppo, hanno riportato alla luce condizioni di povertà.
Per cercare di arginare la problematica, lo scorso 11 luglio il Ministero del Lavoro e i rappresentanti dei sindacati si sono incontrati per discutere sulla questione della previdenza sociale per i giovani.
L’attenzione è stata focalizzata principalmente sulla proposta di una pensione di garanzia, per tutelare coloro che lavorano da poco e scongiurare assegni futuri miseri. Cosa è stato deciso?
Nella Relazione 2023 sul Coordinamento della finanza pubblica, la Corte dei Conti ha esaminato il sistema di calcolo contributivo delle pensioni per coloro che sono nati dopo il 1980.
Tale meccanismo di determinazione dell’assegno pensionistico è stato introdotto nel 1996 dalla Riforma Dini.
Per lo studio sono stati selezionati 56 mila lavoratori dalle banche dati INPS. I risultati hanno evidenziato come il 28% dei lavoratori più giovani percepisce una retribuzione lorda annua inferiore a 20 mila euro. Questo dato, ovviamente, ha un impatto molto negativo sull’ammontare dei contributi accreditati ai fini pensionistici.
Dall’analisi è emerso che, mentre per alcuni settori come la sanità e le forze dell’ordine, i dipendenti godono ancora di salari equi e stabili, per gli altri ambiti le paghe sono del tutto insufficienti.
La condizione peggiore è quella dei lavoratori agricoli indipendenti, che hanno un accumulo previdenziale medio di circa 66 mila euro.
Le notizie non sono migliori per i lavoratori parasubordinati che hanno, in media, un cumulo di 54 mila euro.
Per i sindacati, l’unica via d’uscita sarebbe una radicale innovazione del sistema pensionistico, in grado di assicurare sicurezza a tutte le categorie di lavoratori.
Per CGIL, CISL e UIL, la pensione “ideale” dovrebbe necessariamente prendere in considerazione anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di inadeguata remunerazione. Solo in questo modo si potranno garantire assegni equi.
Dal confronto con il Ministro del Lavoro dell’11 luglio è emerso che, al momento, la pensione di garanzia graverebbe eccessivamente sulle finanze dello Stato. Si dovranno, dunque, valutare, soluzioni alternative.
Tra le proposte spiccano l’incremento della contribuzione simbolica per i periodi di istruzione e la valorizzazione della previdenza complementare.
Sono previsti anche nuovi incontri, tra cui quelli del 5 e del 18 settembre, per discutere di Opzione Donna e di previdenza integrativa.
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