Ci sono delle misure, degli accordi, che può essere molto importante esaminare sia per l’importanza che potrebbero rivestire in futuro, sia perché è da molto tempo che le istituzioni lavorano per giungere ad una firma. A tal proposito si può andare a parlare dei due modelli europei, in questo caso Ttip e Ceta.
Ttip sta per Transatlantic Trade and Investment Partnership che in italiano potremmo andare a tradurre con “paterna reato transatlantico per il commercio e gli investimenti”.
C’è stata una lunga trattativa per andare a concordare un accordo commerciale che prevede un libero scambio delle merci tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea, dove le persone particolarmente informate hanno cominciato a protestare anche con delle manifestazioni che hanno raccolto parecchie adesioni.
La fascia di popolazione informata di queste trattative, soprattutto in Italia, ha manifestato molte perplessità: in tanti si sono manifestati contro questo genere di scelta.
Lo scopo principale di questo patto è quello di andare a abbattere i dazi doganali, dunque con le barriere economiche che spesso creano dei problemi dal punto di vista dell’importazione e dell’esportazione.
Non si tratta solo di esclusivamente di una questione economica ma anche di andare a toccare quelle regole che vanno a gestire lo scambio di alcuni prodotti dal punto di vista commerciale.
Al momento questo modello non è stato ancora approvato ma è sotto costante patteggiamento e viene studiato da circa 10 anni. Bisogna considerare il fatto che gli Stati Uniti e l’Unione Europea, presi in coppia come partner commerciali, rappresentano un insieme più o meno la metà del prodotto interno lordo di tutto il mondo.
E dal punto di vista commerciale, un terzo delle transazioni è rappresentato proprio dagli scambi commerciali tra queste due realtà. Tra le nazioni meno favorevoli, all’interno dell’Unione Europea, alla firma di questo accordo ci sono la Germania, la Francia ma anche l’Italia.
Tra i problemi principali ci sono le richieste degli Stati Uniti che premono per andare a ridurre le regole ai minimi termini. Una delle preoccupazioni principali dei detrattori della firma a questo accordo è proprio inerente al potere importante che avrebbero poi le multinazionali, potere che si sovrapporrebbe al controllo dei governi centrali. Sarebbe come dare al mercato un’importanza molto più decisiva, probabilmente non troppo benefica per quanto riguarda la condizione della collettività.
A rischiare di più sarebbe l’Europa, la cui domanda interna potrebbe abbassarsi notevolmente a favore dei prodotti provenienti dagli Stati Uniti.
Ciò porterebbe ad una decrescita economica effettiva, che si manifesterebbe con una diminuzione del Pil europeo. Questo, almeno secondo alcuni studi, tra cui addirittura uno che è stato condotto dall’Università del Massachusetts.
Che dunque si può dire assolutamente non sia stata di parte. Il problema sarebbe, sulla base delle bozze di questo accordo, il ristretto potere che i governi potrebbero avere rispetto al loro potere di andare a legiferare su alcuni settori in particolare, settori strategici come quelli economici (assicurazioni, banche eccetera).
È interessante però il fatto che, tra le proposte, ci sia l’ammissione della libera circolazione dei lavoratori.
Ad essere, invece, stato firmato è il trattato commerciale che intercorre tra l’Unione Europea e, questa volta, ilCanada. Il trattato ha già preso il via anche se in maniera provvisoria dal 2017 ed è stato ratificato da 13 membri dell’Unione Europea oltre che, ovviamente, dal Canada.
I lavori che hanno portato a stringere questo accordo sono stati decisamente più brevi, sono durati all’incirca cinque anni. Ma cosa prevede esattamente? Prima di tutto questo sigla, CETA, sta per Comprehnsive Economic and Trade Agreement ovvero “accordo economico e commerciale globale”.
Anche in questo caso si parla di un accordo commerciale di libero scambio che è volto a eliminare le tariffe doganali, per la quasi totalità, che sussistono tra le due parti.
Probabilmente l’accordo è stato raggiunto proprio perché il Canada si è mostrato più disponibile ad andare incontro all’Unione Europea su alcuni punti molto importanti. Ad esempio, il Canada si è adeguato alle norme europee per quanto riguarda il diritto d’autore. Inoltre, gli agricoltori europei hanno preteso e ottenuto di poter avere la tutela del marchio rispetto ad alcuni prodotti agricoli e alimentari.
Il Canada ha riconosciuto ben 41 prodotti tipici italiani.
L’accordo prevede che le imprese canadesi e le imprese europee abbiano la facoltà di partecipare alle gare pubbliche d’appalto e, sempre le due parti si sono impegnate a riconoscere alcune professioni specifiche.
Dal momento che sono passati degli anni dal momento in cui sono entrati in vigore gli accordi con il Canada è possibile trarre un po’ le somme rispetto a quanto possa essere stato benefico giungere alla firma di questo accordo.
In realtà c’è stato un buon incremento a livello percentuale delle esportazioni verso il Canada. E questo è possibile dire che abbia portato dei benefici economici.
Alcuni detrattori di questi accordi sostengono che comunque l’Unione Europea andrà a perdere milioni di euro in dazi doganali che non sono stati riscossi. E che quindi il bilancio comunitario sarebbe il primo a farne le spese.
D’altra parte è anche vero che da tempo tira aria di cooperazione da regolamentare, quindi molti paesi hanno cercato di stringere accordi di libero scambio, di certo non si poteva rimanere ad assistere senza prendere parte a nessun tipo di trattativa.
È chiaro però che, come ogni volta che bisogna trovare un compromesso, in parte bisogna erodere anche in propri interessi specifici e rivedere, a volte fragilizzandoli, alcuni regolamenti.
Facendo un esempio specifico, in Europa, le regole che mirano al rispetto della sicurezza alimentare sono tra i migliori del mondo, ma a causa di questo accordo che è stato stretto col Canada si sono create delle falle di sistema.
Ad esempio, nel continente americano è molto più tollerato il consumo nonché la produzione e la vendita di OGM. Un’altra questione da considerare, rispetto agli effetti di questo accordo, è l’impatto sull’occupazione dal momento che è un mercato più libero è chiaro che andrà a rendere ancora più spietata la concorrenza tra lavoratori.
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