Anche gli antichi Romani ridevano, e di gusto. La loro società era complessa e piena di scambi commerciali e culturali con tutto l’Impero. C’erano sempre persone nuove da conoscere, e situazioni sociali su cui riflettere.
Esiste persino una raccolta di barzellette chiamata Philogelos, ed è una testimonianza molto tarda. Si tratta infatti di un’opera del V secolo dopo Cristo, ovvero quasi alla fine dell’epoca imperiale. Ma ci racconta molto di quel mondo. Su cosa ridevano gli antichi romani? Ecco 3 categorie di destinatari costantemente presi di mira.
Dobbiamo sapere che per qualche strano motivo gli abitanti della città libanese di Sidone erano considerati scarsamente intelligenti. Forse perché Sidone era una città dedica ai commerci ed al lusso, e magari nel corso del tempo i suoi abitanti avevano perso il contatto con i problemi concreti dell’esistenza. Un racconto parla di uno studente di Sidone che chiede all’insegnante quanto liquido contenesse una boccetta da un litro. Ed il professore gli risponde: “Ma intendi di vino o di olio?
L’ironia più tagliente veniva riservata ai cosiddetti pater familias, ovvero agli uomini che reggevano e guidavano la famiglia. Il pater familias non rappresentava esclusivamente il personaggio da onorare del gruppo familiare per la sua anzianità. Ma giuridicamente era l’unico che decideva sul potere di spesa. Fino alla sua morte i discendenti non potevano disporre del patrimonio. Si registrano casi paradossali di magistrati o autorevoli rappresentanti della società che, pur nel fiore della propria età e prestigio, non potevano utilizzare le proprie risorse economiche. I cordoni della borsa, infatti, erano tenuti dall’anziano e magari indispettito genitore.
Nacque ironia su questo. Così racconta una battuta di spirito che due amici studenti riflettessero sul fatto che volevano trovare un modo per far fuori il proprio pater familias ed utilizzare i soldi per godersi la vita. Ma questo avrebbe rappresentato parricidio, un reato punito con la pena di morte. “Facile”, ragionò uno, “io faccio fuori il tuo, e tu fai fuori il mio”. Un’ironia amara, ma che spiega bene l’essenza dei rapporti.
La società romana non era poi diversa dalla nostra. Anche all’epoca si faceva a gara per mandare i figli presso le scuole migliori dell’impero. Non si trattava di vere e proprie università come quelle medievali, ma la vita ed i pregiudizi che colpivano i figli viziati in trasferta erano molto simili. Amanti della bella vita anziché dello studio, alla disperata ricerca di fondi ulteriori da parte della famiglia d’origine per potersi divertire, e non particolarmente pratici delle cose del mondo. Divennero diventare destinatari di scherzi e facezie. Una riguardava uno studentello che durante una nuotata rischiò seriamente di annegare; per questo, uscito dall’acqua, giurò che non sarebbe mai più entrato in acqua senza aver prima imparato a nuotare.
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