La libertà di ragionare e condividere pensieri è spesso fonte di pericolo per certi politici. Persino il Decameron di Boccaccio, pur non riguardando la politica, andò incontro ad un ostruzionismo forte della Chiesa del medioevo.
Non da meno sono gli scritti di Orwell, banditi con disgusto dai regimi illiberali di tutto il Mondo come pericolo esistenziale. Eppure, c’è un libro che per ben 165 anni è stato proibito in un Paese molto vicino a noi. Così ecco svelato qual è il libro più a lungo censurato nella storia contemporanea, e come mai.
Un libro carico di significati
Probabilmente neppure Karl Marx e Friedrich Engels avevano idea del meccanismo innestato dal loro pensiero. Il loro “Manifesto del Partito Comunista” del 1848 è considerato da molti lo scritto politico più influente mai realizzato. Non prevedeva forme espresse ed operative di gestione del potere. Tuttavia, analizzando alcune questioni come la lotta di classe ed i problemi del capitalismo, divenne presto un punto di riferimento per i comunisti di tutto il mondo. Ma perché in Turchia, dal giorno della stampa e fino a dieci anni fa, il libro è stato censurato? Di certo ha costituito un record per l’epoca contemporanea.
Compiamo un piccolo ripasso della storia della Turchia. Fu ufficialmente centro dell’impero ottomano fino alla fine della I guerra mondiale. Lo stato confessionale non poteva accettare la presenza di un pensiero espressamente ateo. La Turchia divenne poi una Repubblica nel 1923. La vittoria del partito laico di Kemal Atatürk non cambiò la sostanza della proibizione del Manifesto.
Qual è il libro più a lungo censurato nella storia contemporanea e come mai
Il timore del libro divenne allora più per la dottrina sociale là contenuta, nonché per il progressivo espansionismo della Russia sovietica. Il timore era che i partiti aderenti al comunismo si sarebbero uniti a prescindere della provenienza nazionale. E la Turchia, all’epoca, aveva un confine proprio con la Russia. Si trattava della cosiddetta Repubblica Federale Democratica Transcaucasica, una regione dipendente di fatto da Mosca e che conteneva Georgia, Armenia e Azerbaigian. Dal 1936, peraltro, l’annessione russa di questi territori diventò sostanziale.
La guerra fredda, evidentemente, non cambiò la tensione. Che da politica, si mantenne anche culturale. La dissoluzione dell’URSS nel 1991 non portò ancora alla fine del divieto. Fu solo nel 2013 che, dopo ben 165 anni di censura ufficiale, il Manifesto del Partito Comunista ritornò nuovamente acquistabile nelle bancarelle di Istanbul. Merito di una legge del Parlamento che stabiliva che tutte le decisioni amministrativa precedenti al 2012 in ambito di libertà d’espressione, sarebbero decadute se non riconfermate da un giudice amministrativo entro 6 mesi. Cosa che per fortuna non accade.