È il quadro più famoso di tutti i tempi e ancora nasconde dei segreti indecifrabili. Quali sono le novità sulla Gioconda di Leonardo
Leonardo da Vinci termina la Gioconda, o anche chiamata Mona Lisa, nel 1506 e, già qualche secolo dopo, verrà considerata una delle sue opere d’arte di maggiore importanza, se non la sua più nota.
La Gioconda negli anni è diventata un simbolo di arte in senso globale, non solo legato all’Italia. Esposta al Louvre, conta migliaia di visitatori al giorno che fanno a gara per poterla vedere e fotografare da vicino.
Il suo sorriso malinconico e a tratti misterioso, la rende una delle figure più criptiche di tutta la storia dell’arte. Lisa Gherardini, ovvero la donna ritratta come la Gioconda, nasconde tutt’oggi misteri e messaggi non ancora decifrati e sono migliaia i critici d’arte che hanno provato a studiarla per comprenderla al meglio. Non solo, quella ritratta è il simbolo della donna stessa, una sorta di figura ancestrale e universale.
Quando la si osserva, è impossibile non farsi ipnotizzare da quest’opera, dallo sguardo della Gioconda e dal contesto in cui è immersa. Anche il paesaggio alle sue spalle, che potrebbe sembrare una tipica campagna toscana, è uno scenario simbolico che negli anni ha riportato alla luce dei significati superiori e, in linea con il genio di Leonardo da Vinci, che forse verranno compresi appieno solo tra molti decenni.
La Gioconda è una delle opere d’arte più studiate e analizzate da sempre. I team di scienziati e storici dell’arte, lavorano da molti anni in simbiosi per trovare altri messaggi nascosti e segreti legati all’opera d’arte. Ultimamente, è stato scoperto un nuovo dettaglio che riguarda il metodo di lavorazione utilizzato dall’artista che, secondo gli scienziati e gli storici, non è affatto un caso.
La perfetta conservazione del quadro non è solo opera della meticolosità e della tecnologia impiegata dal Louvre nel mantenerla, ma sarebbe anche merito dell’artista stesso. Difatti, nel primo strato del dipinto, Leonardo da Vinci ha utilizzato una miscela unica di olio e ossido di piombo, che ha determinato la formazione di un raro composto, chiamato plumbonacrite.
I ricercatori hanno scoperto che Leonardo sperimentò, prima di molti suoi colleghi pittori, l’uso di spessi strati di bianco di piombo (biacca) e di una miscela unica di olio e ossido di piombo (litargirio), un pigmento arancione in grado di accelerare i tempi di essiccazione della pittura. La plumbonacrite si sarebbe formata dalla reazione tra l’olio e l’ossido di piombo ed è il segreto della straordinaria e naturale conservazione del quadro così come lo vediamo oggi.
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